Cerco rifugio in Dio da Satana il Lapidato. Col Nome d’Iddio Clemente e Misericordioso
La lode appartiene a Iddio, il Signore dei mondi, e la pace e le benedizioni siano sul nostro maestro e profeta, il Sigillo dei Profeti, Abul-Qasim Muhammad ibn Abdillah, sulla sua pura progenie, suoi suoi Compagni prescelti, e su tutti i Profeti e Messaggeri.
“La pace sia su di te, o maestro e signore, Abu Abdillah [l’Imam Husayn, n.d.t.], o figlio del Messaggero di Dio (S), e sulle anime cadute al tuo fianco. Che con te sia la Pace di Dio, fintanto che resto in vita e si susseguono la notte ed il giorno. E Dio non voglia che questa sia l’ultima volta che vi rendo visita. La Pace sia su Husayn, su ‘Ali figlio di Husayn, sui figli di Husayn e sui compagni di Husayn”. [parte della Ziyarat Ashura].
Rispettabili sapienti, fratelli e sorelle, la pace, la misericordia e le benedizioni di Dio siano su tutti voi.
Nell’anniversario di questa grande tragedia – il martirio del nipote del Profeta, il Principe dei Giovani del Paradiso, Aba Abdillah al-Husayn (as), della sua famiglia e dei suoi compagni – porgiamo le nostre condoglianze al Profeta di Dio Muhammad ibn Abdillah (S), alla Guida dei Credenti ‘Ali ibn Abi Talib (as), a Sayyeda Zahra (as), all’Imam Hasan al-Mujtaba (as) e a tutti i nostri puri Imam (as), al nostro maestro e Padrone del Tempo l’Imam al-Mahdi, ai Marja Taqlid, alla nostra Guida Imam Khamenei (che Dio lo protegga) e a tutti i musulmani.
Che Dio ricompensi anche voi, cari fratelli e sorelle, e che accetti la vostra veglia notturna e stanchezza. Possa Iddio benedire i vostri volti in questo mondo e nell’altro per questa vostra presenza imponente, coraggiosa e stupefacente nonostante le sfide, le minacce e la pioggia. Questo è ciò che siete, che eravate e che rimarrete sotto lo Sguardo e la Protezione di Dio.
Noi vediamo decine di milioni di musulmani in tutto il mondo islamico e in più di una nazione islamica riunirsi con dolore e pianto, vestiti di nero, offrendo condoglianze al Profeta Muhammad (S), rinnovando la loro alleanza e promessa. Questa è la prova della grandezza e importanza del martire di oggi, Husayn (as), che è presente con forza tra di noi da milletrecentocinquanta anni. Continuiamo a piangerlo come se avesse lasciato questo mondo la notte scorsa, e sono sicuro che quando molte persone vedono la vostra tristezza, le vostre lacrime e il vostro modo di piangere, penseranno che abbiate perso una guida la notte scorsa o qualche giorno fa. Essi non possono comprendere come potete piangere e lamentarvi per un Imam che è stato oppresso e martirizzato assetato milletrecentocinquanta anni fa.
Questa è la grandezza di Husayn, l’immortalità di Husayn e il lascito di Husayn. Il fuoco del dolore è stato trasmesso nei cuori generazione dopo generazione; Husayn continua a portarci nelle nostre piazze. Se egli ci ha chiamato in un fronte, siamo stati presenti; se ci ha chiamato ad assumere una posizione abbiamo risposto: le sue parole rimangono potenti e efficaci. Chi è questa grande persona che non rende possibile comparare tutte le altre tragedie con la sua? E cosa rende tutti gli altri sacrifici minori di fronte al suo? E che fa inchinare ogni Resistenza di fronte alla sua?
Per questo motivo lungo tutto il corso della storia coloro che siedevano sui troni hanno avuto timore di lui, ed hanno voluto cancellarne il nome dal passato, presente e futuro. Così hanno ucciso chi lo amava e lo visitava [la sua tomba], distrutto e raso al suolo il suo mausoleo, impedito di piangere per lui, dimenticato la sua lotta e le sue benedizioni, e per questo stesso motivo hanno tagliato teste, braccia e gambe, e continuano a farlo ancora oggi. Ma quale è stato il risultato?
Poiché Husayn ha compiuto la rivoluzione per Dio, e poiché era il Suo Waly, la Sua Prova e la Sua Luce sulla terra, egli è rimasto e loro se ne sono andati, scomparendo insieme loro ricordo e alle loro opere. Husayn è invece rimasto una delle grandi bandiere tra le bandiere della nazione e della storia, e la vostra presenza oggi, fratelli e sorelle, in questro grande, coraggioso, combattente e nobile assemblamento in ogni luogo, da Dahiyah, Baalbek, Bint Jbleil, Tiro fino agli altri luoghi, senza paura o preoccupazione, è la prova della potenza di Husayn – l’eterno e grande Husayn – di condurci nei campi di battaglia e di pericolo nonostante le minacce e avvertimenti.
Cari fratelli e sorelle, vorrei – nel tempo limitato a disposizione – affrontare alcuni punti.
1. Queste cerimonie e programmi [in ricordo dell’Imam Husayn e della tragedia di Ashura, ndt] sono sempre state oggetto di attentati e uccisioni. Quello che è accaduto la notte scorsa in Nigeria, quanto accaduto la notte scorsa a Ahsa in Arabia Saudita, e quanto accaduto nei giorni scorsi a coloro che andavano a visitare la tomba di Aba Abdillah al-Husayn in Iraq, e nei programmi di lutto in Pakistan, tutto ciò conferma la continuità di questi metodi violenti, il loro fallimento e la loro debolezza. Ovunque abbiano cercato di intimorirvi, minacciando cerimonie civili pacifiche con attentati suicidi, autobombe o lanci di missili, assassinando e commettendo massacri in molti luoghi della terra, non è altro che la prova della loro ignoranza, della debolezza del loro pensiero, della debolezza della loro umanità, e la prova della loro barbarie e codardia. E quello che voi avete ribadito oggi, che ribadiscono milioni di musulmani in tutta la terra, e che è stato confermato lungo la storia, è che queste azioni non hanno alcun effetto, perchè nulla può allontanare dall’amore per Husayn e da Husayn: né le bombe, né le uccisioni, né l’assedio ai programmi di lutto e alle moschee, né gli assassini, né i proiettili, né le trappole esplosive, né gli attentatori suicidi, né le minacce. Si tratta di una forma di guerra e noi siamo quelli che rimaniamo perseveranti nell’affrontare ogni guerra, traendo spunto dalla scuola di pensiero di Husayn, ogni giorno, ogni anno e ogni Ashura, si tratti dei sionisti, dei takfiri o di uno dei tiranni fra i tiranni del mondo. Chiunque ci pone tra due scelte, la viltà o lo scontro, noi lo affronteremo con il grido di Husayn che disse: “Mi minacciate e mi mettete di fronte ad una scelta: la viltà o la lotta. Ben lontana è da me la viltà!” E per questo motivo siete venuti oggi e avete mostrato questo impegno e questo spirito.
2. Il secondo punto riguarda Al-Quds (Gerusalemme) e il suo essere sottoposta ad una giudaizzazione forzata, l’aumento della colonizzazione, la costruzione di abitazioni per i coloni, la dispersione forzata della sua popolazione autoctona musulmana e cristiana, oltre a quello a cui è sottoposta soprattutto la Moschea di al-Aqsa. Attualmente, durante gli ultimi giorni e nei giorni a venire, i sionisti stanno approfittando dello stato di smarrimento della Ummah Islamica e della sua preoccupazione per le catastrofi interne, per realizzare i loro sogni. Oggi più che mai, quando qualcuno si leva per parlare con timore e inquietudine della sorte della Moschea di al-Aqsa, dei luoghi sacri dell’Islam e del Cristianesimo a Gerusalemme, e soprattutto rispetto alla Moschea di al-Aqsa, ha ragione. Non si tratta di un’esagerazione. Non sono paure immotivate o dei pretesti. E’ un pericolo reale e serio che grava su questa Moschea e questo luogo santo. Si tratta di una responsabilità che incombe su tutti i musulmani, e non soltanto sugli abitanti di Gerusalemme, sul popolo palestinese o sugli arabi: è responsabilità di tutti i musulmani del mondo. La più grande catastrofe e il disonore maggiore che possono essere inflitti a questa nazione di un miliardo e mezzo di musulmani è il fatto che la sua prima Qiblah (orientamento nella Preghiera rituale), una delle moschee benedette e sacre per tutti i musulmani, subisca la profanazione, la giudaizzazione, la distruzione e l’eliminazione. I sapienti religiosi, i Marja, i governi musulmani, l’Organizzazione della Conferenza Islamica e la Lega Araba sono tutti chiamati a prendere una posizione storica e decisiva. Qualunque siano le discordie e i conflitti, essi non devono deviare l’attenzione della Ummah da un pericolo di questa portata che minaccia la Moschea di al-Aqsa.
3. Il terzo punto riguarda le continue minacce e dichiarazioni israeliane, soprattutto dopo la fine dell’aggressione contro Gaza, e i continui avvertimenti riguardo una terza guerra libanese. Vorrei dire che, secondo la nostra comprensione di tutto ciò che dicono gli israeliani, non si tratta di una dimostrazione di forza ma di debolezza. Esse esprimono la loro inquietudine, la loro paura, la loro insoddisfazione e la fine delle loro speranze. Gli israeliani credevano che gli ultimi sviluppi nella regione e soprattutto in Siria avessero fiaccato la Resistenza, indebolito l’Asse della Resistenza, distratto la Resistenza dalla sua preparazione, rendendola esausta. E’ certo che gli israeliani raccolgono dati e informazioni e non si affidano a quello che viene scritto nei giornali libanesi e arabi o a quello che dicono i media. Alcuni media arabi e libanesi dicono che Hezbollah, a causa degli avvenimenti in Siria e come conseguenza della sua partecipazione a questa guerra, ha iniziato ad indebolirsi e logorarsi. Tutto questo rientra nel quadro della guerra psicologica ed essi sanno bene che non si tratta della realtà. Quanto agli israeliani, costoro non basano i loro calcoli sugli articoli commissionati, ma su dati reali. Essi costituiscono una minaccia reale e la Resistenza, allo stesso modo, costituisce una minaccia reale. Per quanto ci riguarda, tutto quello che abbiamo ascoltato da dopo la guerra di Gaza fino ad oggi non ci preoccupa, non ci spaventa e non ci irrita. Al contrario aumenta la nostra fiducia e svela l’inquietudine del nostro nemico. Si, gli israeliani hanno ragione a preoccuparsi. Un ufficiale di alto grado ha detto che in caso di una nuova guerra con il Libano e la Resistenza, sin dal primo giorno essi dovranno chiudere l’aeroporto “Ben Gurion”, il porto di Haifa, e dovranno fare questo e quello: questo è vero! Oggi vorrei dire loro questo: dovete essere preoccupati per i vostri aeroporti e i vostri porti, e non troverete alcun posto sulla terra della Palestina occupata al riparo dai missili della Resistenza Islamica del Libano. O sionisti, tutto quello che potete prevenire, mettetelo in conto.
Quindi l’inquietudine che essi esprimono, la loro paura e i loro calcoli, riguardano una battaglia reale. Tuttavia noi collochiamo tutto quello che abbiamo ascoltato fino ad oggi all’interno del quadro dell’intimidazione. Innanzitutto, all’interno del quadro dell’espressione dell’inquietudine israeliana, e poi all’interno del quadro dell’intimidazione del popolo libanese e della Resistenza in Libano.
La minaccia non ci spaventa e neanche la guerra ci intimidisce. Figuriamoci allora come potrebbe farci paura la minaccia della guerra! Queste parole non cambieranno nulla. Ciò che impedisce di lanciare una guerra, di scatenerare un’offensiva contro il Libano, di sfruttare gli avvenimenti in Siria e l’impegno di alcuni dei nostri mujahidin in questa nazione, è il fatto che essi sanno bene che la Resistenza non ha rimosso un solo istante lo sguardo dalla frontiera con il nord della Palestina occupata (Israele). La Resistenza nel sud e lungo tutta la frontiera è pronta, forte, preparata, vigile ed efficace, ai più alti livelli. E’ per questo che gli israeliani non si sono sbagliati e sanno bene che intraprendere una guerra avrà un costo molto alto. Ciò che impedisce la guerra è dunque questa deterrenza costituita dalla Resistenza, nel passato e nel presente. Essa ha dimostrato soprattutto durante gli ultimi sviluppi e nelle ultime settimane che non accetterà alcuna offensiva contro il Libano e alcuna nuova violazione contro i libanesi, che si tratti di Adloun o di qualsiasi altro luogo, e che risponderà nel momento opportuno, assumendosi la responsabilità della reazione sui media. Questa è una prova della forza della Resistenza, del suo coraggio, dell’assenza di paura o di timore rispetto ad ogni confronto con questo nemico. Dobbiamo avere sempre un occhio aperto su Israele. Voglio assicurare, e assicuro tutti, e non lo faccio per alzare il morale, che oggi – a seguito degli avvenimenti e degli sviluppi verificatisi – la Resistenza è più determinata, più forte, più sicura, più valente e più esperta nell’affrontare ogni pericolo e ogni guerra. Possiamo essere tranquilli e avere fiducia nel fatto che i nostri fratelli sono preparati ad ogni livello.
4. Il quarto punto attiene quello che avviene in Siria, alla luce di tutti gli sviluppi accaduti in questa nazione e nella regione, e dei terribili massacri dei quali siamo testimoni. Poco prima di parlare stavo leggendo un nuovo dispaccio di agenzia secondo cui il numero dei martiri della tribù sunnita irachena Bu Nimr uccisi da DAESH (ISIS) in Iraq ha raggiunto i cinquecento martiri in una o due settimane, inclusi donne e bambini. Questi fatti aumentano la nostra convinzione di aver adottato la scelta corretta, che la nostra battaglia è giusta e che siamo in grado di raggiungere grandi risultati in questo campo.
Noi siamo oggi nel cuore del successo in Siria. Il mondo intero, quando aveva visto l’inizio degli eventi, cosa aveva detto? “La Siria cadrà nelle loro mani in due o tre mesi, o al massimo quattro.” Noi siamo qui, gli anni trascorsi sono quattro, e la Siria non è caduta. L’obiettivo di tutte le forze internazionali e regionali che si erano unite per controllare ed egemonizzare la Siria, non era quello di occupare questa o quella città, o alcuni confini: l’obiettivo era di controllare tutta la Siria, e lo sguardo principale era su Damasco. Oggi noi ci guardiamo attorno e vediamo che Damasco continua ad essere lì e la Siria non è caduta nelle mani di questo asse internazionale o regionale. Quale era l’obiettivo dei takfiri? Prendere il controllo della Siria e colpire, espellere e sterminare i seguaci delle altre religioni e delle altre scuole islamiche, compresi i sunniti che non concordano con essi. La Siria è stata testimone di massacri che sono simili a quelli che DAESH (ISIS) ha commesso a Raqqa, a Deir al-Zour e Mosul e che compie oggi a al-Anbar. Comunque in quattro anni i takfiri non sono stati in grado di prendere il controllo della Siria e un’ampia parte della popolazione siriana è rimasta nel suo territorio e nei suoi villaggi, senza inginocchiarsi davanti a loro. Non si tratta di una grande vittoria e di un grande successo? Certo, dobbiamo raggiungere il giorno della vittoria finale, ma comunque quello che è accaduto fino ad oggi è una grande vittoria per tutti coloro che hanno difeso e combattuto affinché la Siria, l’Iraq e la regione non cadessero nelle mani dei macellai, di coloro che decapitano, che aprono i petti, che fanno attentati, massacrano e violentano donne. Siamo orgogliosi di questo successo, avendo partecipato fianco a fianco con i nostri fratelli siriani – sia dell’esercito e delle forze di difesa popolari che del popolo, delle tribù e degli abitanti delle differenti aree della Siria – laddove abbiamo apportato qualche modesto contributo; noi eravamo al loro fianco, ma erano loro il perno principale.
Alcuni in Libano parlano dei loro sogni: ogni giorno leggiamo che “Hezbollah abbandonerà la Siria”, “Hezbollah si ritirerà dalla Siria”, “Hezbollah è sfinito in Siria”, “qualcosa sta accadendo a Qalamoun”…ma la situazione a Qalamoun è eccellente. In ogni luogo dove siamo in Siria, fianco a fianco ai nostri fratelli siriani, la situazione è eccellente. Per quanto riguarda la situazione a Qalamun, dimenticate la guerra psicologica e mediatica: per mesi tutti i militanti hanno combattuto a Qalamoun per riconquistare un villaggio controllato dall’esercito siriano, dai suoi alleati ed amici, ma non sono stati in grado e non lo saranno, a Iddio piacendo. Oggi percepiamo di essere parte del confronto che cerca di allontanare il principale pericolo dalla nostra regione e siamo onorati di essere nel lato di coloro che si difendono contro questo pericolo. Siamo onorati per i nostri martiri, i nostri feriti, i nostri mujahidin e di partecipare alla vittoria che verrà raggiunta. Questi takfiri non hanno futuro e non vi è vita per il loro progetto, fosse anche per breve tempo. La sconfitta verrà inflitta a questi takfiri in ogni luogo e in ogni nazione, e avremo l’onore di aver preso parte nell’infliggere ovunque questa sconfitta a tutti i takfiri.
Fratelli e sorelle, oggi ci siamo qui riuniti non per poi andarcene e ricontrarci il prossimo anno nel giorno di Ashura, perché noi commemoriamo Husayn ogni giorno, ogni notte e ogni ora con la nostra presenza nelle piazze e nei differenti campi, e con il nostro senso di responsabilità manterremo viva Ashura. Con ogni goccia del sangue che cade dai nostri martiri ripeteremo il grido “Labbayka ya Husayn!” (Siamo ai tuoi ordini o Husayn!) I nostri invalidi di guerra, con ogni loro ferita, dicono: “Labbayka ya Husayn!”. Ogni lacrima di ogni madre, moglie o figlio di un martire dice “Labbayka ya Husayn!”. Le nostre braccia, i nostri pugni, i nostri fucili, i nostri cuori e le nostre menti diranno sempre “Labbayka ya Husayn”.
E rispetteremo questo patto affinché la Ummah, la dignità, l’onore e tutti i grandi obiettivi per i quali Husayn si è sollevato ed è diventato martire rimangano.
“La pace sia su di te, o maestro e signore, Abu Abdillah [l’Imam Husayn, n.d.t.], o figlio del Messaggero di Dio (S), e sulle anime cadute al tuo fianco. Che con te sia la Pace di Dio, fintanto che resto in vita e si susseguono la notte ed il giorno. E Dio non voglia che questa sia l’ultima volta che vi rendo visita. La Pace sia su Husayn, su ‘Ali figlio di Husayn, sui figli di Husayn e sui compagni di Husayn”. [parte della Ziyarat Ashura].
Dio accetti le vostre azioni e le nostre condoglianze, e chiedo una volta ancora che la ricompensa di Dio sia con voi in questo mondo e nell’altro. La pace, la misericordia e le benedizioni di Dio siano su di voi.
Traduzione a cura di Islamshia.org
Fonte: Islamshia.org