(Raimondo Schiavone) – Ci risiamo. Il mondo è distratto, i telegiornali parlano d’altro, e nel frattempo i carri armati israeliani continuano a ruggire nel sud del Libano. Un’occupazione che, secondo i paladini della democrazia occidentale, probabilmente non esiste. Un fastidioso dettaglio geopolitico che non merita prime pagine né indignazione.
Perché mai preoccuparsi di un esercito straniero che invade e occupa un territorio sovrano? Dopotutto, i confini valgono solo quando fa comodo. Vale per l’Ucraina, non per il Libano. Vale per Taiwan, ma guai a menzionarlo quando si tratta di villaggi libanesi devastati, case sventrate e intere comunità sotto il controllo delle forze di occupazione.
Ma i libanesi del sud, testardi come sempre, non si arrendono. Scendono in strada, sventolano bandiere, alzano la voce. Hezbollah, il nemico pubblico numero uno in Occidente, l’unico movimento che osa resistere, è l’unico che non ha dimenticato che il Libano è ancora un Paese sovrano. E così, nel nome di Nasrallah, assassinato da Netanyahu in un raid che, ovviamente, è stato definito “legittima difesa”, il popolo prende posizione.
E in prima linea ci sono le donne. Madri, figlie, sorelle, che si frappongono tra i blindati e le loro case. Non hanno fucili, non hanno missili, ma hanno le parole. Gridano la loro rabbia ai soldati chiusi nei carri armati, protetti da corazze d’acciaio, con il dito pronto sul grilletto. Soldati armati fino ai denti che, nonostante la potenza di fuoco, restano ridotti al silenzio di fronte a quelle donne che li umiliano, li sfidano con lo sguardo, li deridono per la loro codardia.
E i soldati, intoccabili dentro i loro blindati, cosa fanno? Puntano i cannoni contro i civili. Perché questa è la loro unica forza: il terrore. Senza quei carri armati sarebbero solo uomini in divisa di fronte a donne che non si piegano. Senza quei blindati non sarebbero nulla.
Nel frattempo, le capitali occidentali tacciono. Washington è troppo impegnata a spiegare perché l’occupazione di Gaza è una “necessità militare”. Parigi ha altro a cui pensare, magari un nuovo trattato commerciale da firmare con Tel Aviv. Londra? Troppo impegnata a celebrare qualche altro evento reale, forse un nuovo cagnolino della principessa.
E così, il Libano meridionale resta ostaggio di una guerra che non esiste nelle cronache dei media occidentali. Un’occupazione che non è mai stata ufficialmente dichiarata, ma che è lì, ben visibile, sotto il sole, tra le macerie, tra la rabbia e il dolore di chi si rifiuta di sparire in silenzio.