(Rodolfo Calò) – Il Ramadan in Egitto, come del resto in tutto il Medio oriente, oltre al digiuno islamico e alla preghiera ha un altro protagonista: la tv e soprattutto i telefilm che anche quest’anno riflettono i temi politici e sociali dominanti di questa fase della stabilizzazione egiziana post rivoluzionaria. Si va dalla globalizzazione «totale» trainata del biondo-chic di Paris Hilton o panaraba incarnata da una cantante libanese, al rapporto con gli ebrei, al velo steso sui Fratelli musulmani, alla violenza fino a provocazioni della morale musulmana con scene – molto relativamente – «spinte».
Il non poter mangiare (ma il vero problema è soprattutto la sete) per molte ore (con le giornate più lunghe dell’anno come nei ramadan di questi ultimi anni) spinge molti egiziani a rimanere in casa nelle ore diurne, limitando gli impegni. Tradizionali sono le riunioni di famiglia per l’iftar, quando si interrompe il digiuno al tramonto, ma gli ingenti investimenti delle tv nelle telefilm attestano l’esistenza di un vasto mercato pubblicitario televisivo.
Già il mese scorso erano state preannunciate quasi 30 nuove produzioni. Per la prima volta, una star definibile genericamente «hollywoodiana» come l’ereditiera americana Hilton, spicca nel panorama tv, partecipando ad un popolare programma di candid camera che prende di mira vip egiziani. Da giorni si susseguono i preannunci della partecipazione della modella-cantante e attrice al «Ramez wakel el gau», (Ramez è il signore dell’aria, o Comanda Ramez) diretto dall’attore egiziano Ramez Galal con inizio proprio il 18 giugno, giorno di avvio del mese del digiuno come stabilito per l’Egitto dall’Istituto astronomico nazionale.
La bruna Haifa Wehbe è invece protagonista della telenovela «Maria»: la modella e cantante libanese di origini anche egiziane è un sicuro richiamo in Egitto e di recente ha vinto il premio di migliore attrice mediorientale della «Big Apple Music Awards Foundation», come hanno sottolineato media egiziani. Anche i media israeliani hanno sottolineato che in palinsesto c’è anche una produzione che tratta della vita degli ebrei in Egitto negli Anni Cinquanta: si intitola «Haret el yahud», la «Via degli ebrei», realmente esistente nel centro del Cairo dove era insediata una comunità ebraica, e «parla dei giorni in cui musulmani, cristiani ed ebrei vivevano in pace», come ha sintetizzato una fonte che conosce la trama ad ANSAmed. Contrariamente all’anno scorso, quello subito dopo la sua cacciata dal potere dell’estate 2013, le telenovele non parlano affatto della Fratellanza musulmana: pare sceso un silenzio totale, che contrasta con le critiche all’organizzazione che si notavano in quasi in tutti i telefilm dell’anno scorso.
Appare evidente inoltre che le seguitissime soap opera turche, numerose durante tutto l’anno nonostante la rivalità geopolitica fra il Cairo e Ankara, nel prossimo mese sacro verranno superate per numero da quelle egiziane. Sui media ci sono state critiche per il clima cupo e denso di problemi che creano molti telefilm, come tutto sommato lo stesso Haret el yahoud sugli ebrei nonostante i riferimenti alla convivenza pacifica. Scene violente si preannunciano in varie produzioni tra cui una dal titolo evocativo: «El Kabous» (Incubo).
In queste e in altre si lamentano, senza ovviamente descriverle nei dettagli, «scene immorali». Come dimostrato dalle critiche di social media a un video di un’esibizione di ballo circolato ieri, in Egitto fuseau e maglietta attillata passano già il segno. A conferma dell’appetibilità del mercato dei telefilm egiziani, la catena saudita Mbc ha pagato l’equivalente di 4,1 milioni di euro per assicurarsi il 75enne comico Adel Imam per il ruolo di protagonista in «Ostaz wa rais qesm» (Professore e capo dipartimento universitario) in un paese in cui, almeno sulla carta, il salario minimo è inferiore ai 150 euro.