
(Bruno Scapini) – Che nessuno sopravviva. Questo è in fondo il senso, chiaramente esplicitato dai fatti, dell’azione militare più recentemente intrapresa da Israele a Gaza e denominata per l’occasione “Operazione Carri di Gedeone”. Non si tratta, a ben osservare la dinamica militare, di uno dei tanti episodi di una guerra che si trascina ormai, con un portato crescente di morte e di dolore, fin dall’indomani del 7 ottobre del 2023. Oggi, l’iniziativa israeliana cambia di passo e, inducendo Netanyahu a gettare la maschera della menzogna, svela al mondo il suo vero obiettivo finale: lo sterminio del popolo palestinese.
Un dato in particolare risulterebbe significativo di questa funesta intenzionalità di Tel Aviv: il numero proporzionalmente crescente delle morti infantili. Su una cifra totale di morti registrate dall’inizio della guerra ad oggi, e ammontanti a ben 54.000 secondo le stime aggiornate dell’ONU (fonte OCHA), ben oltre 15.000 sarebbero bambini per un totale di 26.000 tra vittime e feriti (fonte: Save the Children). Ma non basta. Al dato già di per sé sconcertante dell’eccidio strisciante che si consuma giorno dopo giorno, occorre aggiungere il fondato sospetto che trattasi in realtà di cifre ampiamente sottostimate per un valore almeno del 41%. Un dato, quest’ultimo, particolarmente allarmante come fanno intendere i risultati di una analisi statistica pubblicata dalla rivista The Lancet (fonte scientifica: The London School of Hygiene & Tropical Medicine).
Domandiamoci allora: perché mai questo accanimento dell’IDA (Israeli Defence Army) contro i bambini?
Sembra, infatti, che un progetto preciso ed accurato voglia guidare la mano dei militari nel mettere a segno colpi selettivi, precisi e meticolosi.
Certamente, qualcuno potrebbe osservare come siano proprio i bambini a correre più di altri il rischio di essere uccisi. Sarebbero loro, infatti, i più esposti alla violenza delle armi. E ciò sarebbe vero, vuoi per mancanza ormai di luoghi sicuri dove potersi rifugiare, perché distrutti, vuoi a causa, forse, di una loro congenita spavalderia, dovuta alla inconsapevolezza dell’età.
Ma questa spiegazione non basta a giustificare l’altissima percentuale di vittime infantili rispetto ai numeri più generalizzanti. Ed è proprio tale constatazione che non dovrebbe esimerci dal guardare oltre per cercare una valida ragione per un eccidio così selettivamente pianificato e che viene eseguito secondo uno schema giornaliero di uccisioni mirate. Ma una risposta ci sarebbe già invero, e la potremmo individuare in quell’interesse di Israele, non solo ad escludere l’esistenza di uno Stato palestinese secondo la soluzione preconizzata dall’ONU con la Risoluzione 181 del 1948, ma addirittura a realizzare la eliminazione fisica del suo popolo quale traguardo storico del processo di costruzione del “Yeretz Israel” (Grande Israele). Confermerebbero del resto tale nefanda prospettiva le improvvide, e certamente avventate quanto riprovevoli, esternazioni rese recentemente da parte di alcuni leader israeliani. L’ex Ministro della Difesa, Yoav Gallant, solo alcuni mesi orsono aveva definito i palestinesi come “animali umani”. Ma ancor più grave è quanto ebbe ad affermare, in disprezzo di un qualunque senso di umanità, l’ex Ministro della Giustizia, Ayelet Shaked, riferendosi tempo addietro alle madri palestinesi gestanti:”occorrerebbe ucciderle tutte per evitare che mettano al mondo piccole serpi velenose”!
E’ questa la democrazia di Israele? Sono questi i valori ai quali farebbe appello Netanyahu e la sua cosca sionista per guidare Israele verso un mondo più sicuro?
Eppure ci sono Paesi in Occidente che ancora oggi, incuranti della distruzione di proporzioni bibliche in atto, sostengono Israele in questa assurda guerra di puro egoismo. Una guerra combattuta al solo fine di sradicare un popolo dal suo territorio di insediamento storico, sottraendogli le terre, privandolo delle risorse e, soprattutto, per esautorarlo nelle sue proprie vere libertà.
L’Italia purtroppo – e duole dirlo – è tra questi Paesi, e, davanti al massacro che si consuma di ora in ora, il nostro Governo sembra risolvere il proprio dramma coscienziale semplicemente invitando il Parlamento – come fatto dal Ministro degli Esteri Tajani – ad osservare 1 minuto di silenzio a ricordo delle vittime israeliane e palestinesi del conflitto. E così, dimentico della contraddizione in cui cade, lo stesso Governo continua a propinarci ancora la favola (tragica invero nei contenuti), di una legittimità della reazione israeliana all’attacco del 7 ottobre. Una posizione assunta peraltro a dispetto del superamento – ormai riconosciuto e reso chiaramente manifesto dalla universale condivisione della Comunità internazionale – dei limiti giuridici della “rappresaglia” in cui la leadership israeliana è volontariamente incorsa. Una circostanza, questa, di cui proprio il nostro Governo dovrebbe responsabilmente e onestamente prendere atto per non cadere nella sordida ambiguità politica confermata tra l’altro dall’annuncio di una fornitura di aiuti umanitari per Gaza stimata in ben 15 TIR. Un bel gesto, indubbiamente, per acquietare la coscienza, se non fosse però contraddetto dall’altra notizia secondo la quale, nei giorni scorsi alla base militare di Foggia, il 32° Stormo dell’Aviazione Militare Italiana avrebbe ospitato diversi caccia F35 israeliani per esercitazioni nei cieli d’Italia prima di volare nuovamente verso il Medio Oriente e bombardare ancora una volta Gaza con tutto il loro carico di morte e distruzione.
Non è certamente quella di Gaza una guerra sostenuta dal popolo italiano. Trattasi, infatti, di una politica contraria al senso etico del nostro Paese che, condotta da un Governo in antitesi con i più fondamentali valori umanitari, ancora una volta rivela a pieno la sua deplorevole doppiezza; una equivocità di fondo che, contravvenendo ai sentimenti di solidarietà intrattenuti con l’amico popolo palestinese, pregiudica oggi irrimediabilmente la nostra storica immagine di Paese profondamente ancorato ai più genuini valori di democrazia.