“La soluzione di due Stati diventi realtà e non rimanga un sogno”. Con queste parole Papa Francesco ha indicato la strada della pace a Israele e Palestina nel suo viaggio in Terra Santa. Parole che sono state del tutto ignorate da Tel Aviv. La municipalità israeliana di Gerusalemme, nelle stesse ore della storica visita del Papa, ha infatti dato il via libera alla costruzione di altri 50 alloggi per coloni a Gerusalemme est, in un quartiere vicino alla città palestinese di Betlemme. Lo ha denunciato un consigliere comunale del Merez (partito della sinistra pacifista israeliana contraria agli insediamenti).
Il diritto del popolo palestinese a una patria sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente si scontra ancora una volta con la politica degli insediamenti che le autorità israeliane stanno portando avanti senza sosta, malgrado le condanne e i richiami della comunità internazionale.
La politica di aggressione di Israele nei confronti del popolo palestinese prosegue dunque senza sosta. Un’aggressione più odiosa di quella armata giacché tende a erodere giorno dopo giorno porzioni di un territorio che non gli appartiene. I numeri fanno tremare i polsi: Uri Ariel (Casa Ebraica), ministro dell’edilizia israeliano e sostenitore sfrenato della colonizzazione, ha annunciato che nei prossimi cinque anni il numero complessivo dei coloni ebrei in Cisgiordania crescerà del 50%, passando da 400 a 550–600 mila.
Nello stesso periodo a Gerusalemme Est, la zona palestinese sotto occupazione, il ritmo di crescita dei coloni sarà simile a quello della Cisgiordania, raggiungendo la cifra complessiva di 300–350 mila israeliani.
Il Consiglio Regionale della Valle del Giordano — ossia i coloni dei 21 insediamenti che occupano quella parte di Cisgiordania — ha fatto sapere di avere un piano per triplicare la popolazione ebraica in quella zona, per impedire che le terre siano restituite ai palestinesi. Una rappresentante dei “settler”, Orit Artsiely, ha previsto che la popolazione ebraica nella Valle crescerà dagli attuali 4.509 coloni fino a 15.000 in 10 anni, grazie anche alla costruzione già approvata di 825 nuove case. Fa progetti anche il ministro Naftali Bennett, il leader di Casa Ebraica, che vuole annettere a Israele la zona C dei Territori, circa il 60% della Cisgiordania rimasta dopo gli Accordi di Oslo (1993) sotto il pieno controllo dell’esercito occupante.
Le nuove colonie pesano come un macigno sui colloqui di pace fra Israele e Palestina. Gli stessi Stati Uniti, storici alleati di Tel Aviv, hanno proposto almeno un congelamento parziale dell’espansione coloniale: stop alla costruzione solo nei piccoli insediamenti. Una proposta respinta sia da Netanyahu che da Abu Mazen. I negoziati in corso da circa nove mesi non hanno finora condotto a nulla di concreto e l’obiettivo di raggiungere un accordo definitivo sembra essere per ora tramontato.