Il governo turco ha fatto appello al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), messo fuorilegge nel paese, a deporre le armi nel giorno del prossimo Capodanno curdo (Newroz o Nawruz), esattamente il 21 marzo, e ha invitato a un rilancio dei negoziati di pace per porre fine al conflitto trentennale.
Il vice primo ministro turco, Yalcin Akdogan, ha dichiarato che il leader ribelle del PKK, Abdullah Ocalan, detenuto in Turchia, dovrebbe fare appello al disarmo così come aveva fatto in occasione della stessa festività nel 2013.
Nel 2013, Ocalan invitò al cessate-il-fuoco, ordinando ai combattenti ribelli curdi di deporre le armi e ritrarsi dal territorio turco, dopo mesi di negoziati con Ankara. Tuttavia, i negoziati subirono uno stallo nel settembre 2013, quando i combattenti minacciarono di riprendere il suolo turco per via degli inadempimenti di Ankara sulle riforme promesse.
Malgrado gli scontri delle scorse settimane tra i sostenitori del PKK e i militanti del partito islamista turco Hudapar nel sud della Turchia, sembrava che il governo volesse salvare il fragile processo di pace con il partito curdo in vista delle elezioni politiche di giugno. Ora il cambio di rotta con la richiesta di deporre le armi e di piegarsi alla volontà di Ankara.
Il Pkk ha accusato il partito islamista turco Hudapar di sostenere i jihadisti dello Stato islamico (Isis) che ha tenuto sotto assedio la cittadina curda di Kobane, con la complicità del Governo turco. Sono state proprio le forze curde come il Pkk e il Pyd siriano ed altre a costituire il nucleo “dell’unica vera resistenza sul campo contro lo Stato islamico. Una resistenza che ha visto in prima fila le milizie organizzate delle donne e “in cui sono confluiti gli abitanti delle regioni sotto attacco, rompendo le divisioni etniche, religiose, culturali”.