
Dopo due anni di guerra seguiti all’attacco del 7 ottobre 2023, il movimento islamista esce provato, ma non azzerato: tra 10 e 20 mila combattenti operativi e un arsenale di razzi ridotto di circa il 90%, secondo valutazioni israeliane.
La lunga campagna militare israeliana nella Striscia di Gaza ha inferto colpi severi alla macchina bellica di Hamas. Un funzionario militare di Israele, citato dalla Nbc in anonimato, sostiene che l’organizzazione abbia perso la gran parte della capacità di fuoco a razzo e migliaia di combattenti, grazie ai colpi inferti alle linee di produzione e alle rotte di contrabbando. Un’altra fonte quantifica in circa 20 mila i militanti uccisi dall’inizio del conflitto.
Eppure la scomparsa di Hamas dal terreno non c’è stata. Con l’entrata in vigore del cessate il fuoco, nelle aree da cui l’Idf si è ritirata sono ricomparsi agenti armati della polizia legati al movimento; si sono registrati scontri con clan rivali, episodi di fuoco contro soldati israeliani e esecuzioni pubbliche di presunti collaboratori. Segnali che indicano una resilienza organizzativa, anche se a capacità ridotte.
Stime divergenti, stessa conclusione: potenziale ancora presente
Per Shalom Ben Hanan, ricercatore dell’Istituto Internazionale per l’Antiterrorismo della Reichman University ed ex funzionario dello Shin Bet, il quadro è chiaro: Hamas ha subito “gravi danni” ma non è stata annientata. A suo giudizio i ranghi attivi potrebbero attestarsi persino fra 15 e 25 mila uomini, dunque più di quanto indicato da fonti militari israeliane. La minaccia, aggiunge, potrebbe non essere immediata, ma il potenziale di rigenerazione rimane.
Una lettura in parte sovrapponibile arriva da Giora Eiland, già direttore del Consiglio per la sicurezza nazionale e in passato capo della pianificazione delle Forze di difesa israeliane. Eiland stima circa 20 mila perdite tra i combattenti di Hamas nel biennio di guerra, ma sottolinea come l’organizzazione abbia continuato a reclutare anche durante il conflitto. A suo avviso, il clima di devastazione e di rabbia generato dai bombardamenti e dai combattimenti — che hanno raso al suolo ampie aree della Striscia e causato un altissimo numero di vittime civili — offre terreno a nuove adesioni, soprattutto di giovani con minore esperienza ma comunque in grado di impugnare armi leggere e lanciatori.
Razzi, tunnel e capacità future
Il ridimensionamento dell’arsenale di razzi è la cartina di tornasole del logoramento subito: circa nove su dieci sarebbero stati consumati o neutralizzati, un risultato attribuito ai colpi su officine, depositi e canali di approvvigionamento. Restano però altri fattori destinati a incidere sul futuro della minaccia. Secondo Eiland, tra il 70% e l’80% della rete di tunnel sotterranei sarebbe ancora intatta e, in larga parte, non mappata da Israele: un vantaggio operativo che può facilitare mobilità, comando e rifornimenti nonostante la pressione militare.
Il punto
- Numeri: tra 10 e 20 mila combattenti attivi (stime variabili), circa 20 mila perdite confermate da fonti israeliane.
- Fuoco indiretto: capacità a razzo ridotte di circa il 90%.
- Strutture: rete di tunnel in buona parte ancora utilizzabile.
- Dinamiche interne: riemersione di apparati di polizia, scontri con clan rivali ed episodi di violenza mirata.
- Prospettive: danni profondi ma non definitivi; possibilità di reclutamento alimentata dal contesto post-bellico.
In sintesi, Hamas oggi è un’organizzazione più piccola e meno armata sul fronte dei razzi, ma non è stata cancellata. La combinazione di residui infrastrutturali, capacità di reclutamento e apparati locali suggerisce che la minaccia possa mutare forma, senza dissolversi.