(Alberto Zanconato) – Da una vita agiata e apparentemente integrata nella società britannica a boia dell’Isis che sgozza ostaggi in Siria, compresi suoi connazionali. La storia di Jihadi John (vero nome Mohammed Emwazi), preso di mira in un raid americano a Raqqa, non è certo quella di un immigrato emarginato spinto all’estremismo islamico dalla disperazione. Un enigma che sconcerta ancor più l’Occidente e si aggiunge allo shock per le apparizioni in video di questo giovane ‘cresciuto in casa’, che brandisce il coltello e lancia invettive con accento inglese.
Nato nel 1988 in Kuwait, Emwazi si trasferisce a sei anni a Londra con la famiglia, appartenente alla media borghesia. Qui cresce con un fratello e due sorelle in un tranquillo quartiere nell’ovest della città e si laurea in Informatica all’università di Westminster. I guai cominciano nel 2009, quando organizza un oscuro viaggio in Tanzania con due amici, un tedesco convertito all’Islam di nome Omar e un certo Abu Talib. Appena arrivati all’aeroporto di Dar es Salaam i tre vengono arrestati e rispediti in Gran Bretagna.
Sulla via del ritorno, ad Amsterdam, Jihadi John viene fermato per la prima volta dai servizi segreti britannici che, a suo dire, cercano di reclutarlo come informatore. Nel 2013 riesce a partire nuovamente per il Kuwait e di lui si perdono le tracce. Qualche mese dopo la polizia comunica alla famiglia che si trova in Siria. Nell’agosto del 2014 Emwazi compare per la prima volta in video, interamente vestito di nero e con il volto nascosto da un cappuccio dello stesso colore, mentre decapita il giornalista americano James Foley. Il jihadista legge una dichiarazione in cui intima al presidente americano Barack Obama di cessare i raid aerei contro l’Isis.
Nasce qui il tragico rituale delle decapitazioni degli ostaggi. Al prigioniero è fatta indossare una tuta arancione come quella dei detenuti degli Usa a Guantanamo. Un’usanza ripresa dalla decapitazione nel 2004 in Iraq da parte di Al Qaida dell’ostaggio americano Nicholas Berg. È poco dopo che Emzawi comincia ad essere conosciuto come Jihadi John, il soprannome affibbiatogli da alcuni ex ostaggi occidentali che usavano chiamare tra loro ‘i Beatles’ un gruppo di jihadisti con accento britannico che li tenevano prigionieri.
Emzawi viene evidentemente identificato con John Lennon. Ma è solo nel febbraio di quest’anno che la vera identità di Jihadi John viene svelata. Nel frattempo, si ritiene che Emwazi sia stato l’autore, fino al gennaio di quest’anno, di almeno altre sei decapitazioni anch’esse altamente ‘mediatizzate’: quelle degli americani Steven Sotloff e Peter Kassig, dei britannici David Haines e Alan Henning e dei giapponesi Haruna Yukawa e Kenji Goto.