(Carla Melis) – “La Libia è ripiombata nel caos e la responsabilità è principalmente dell’Occidente che ha fatto una guerra con il solo obiettivo di far cadere Gheddafi senza preoccuparsi minimamente di ciò che sarebbe successo in seguito”. Né è sicuro Gian Micalessin, corrispondente de Il Giornale, reporter di guerra dai tempi dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan, attento osservatore del mondo arabo e delle dinamiche geopolitiche nel Mediterraneo. Autore di importanti documentari e reportage dalle principali aree di crisi del mondo, dall’Iraq, alla ex Jugoslavia, fino alla Cecenia dei momenti più caldi del conflitto con l’esercito russo, Micalessin risponde alle domande sulla situazione Mediorientale.
Tu sei un ottimo conoscitore della Libia. Cosa sta succedendo esattamente nel paese dopo la fine di Gheddafi?
Dopo il conflitto, la Libia è sprofondata nel caos e quello che sta succedendo ora è un incessante scontro tra le milizie, appoggiate dai Fratelli Musulmani e chi, nel paese, si oppone al potere di quest’ultimi. I Fratelli Musulmani hanno ora un certo controllo nel Parlamento formatosi a seguito delle elezioni del 2012, che sono state, in realtà, un embrione di elezioni. In quell’occasione la maggioranza fu ottenuta dalle forze anti-islamiche, ma nonostante questo sono presenti anche forti componenti del partito vicino alla Fratellanza Musulmana. Quest’ultima impegnata a cercare di esercitare un’egemonia sempre maggiore sul Parlamento (Congresso Nazionale Generale). I prossimi giorni serviranno a capire meglio che cosa sta accadendo realmente nel paese, sia nella capitale Tripoli che in Cirenaica.
Quali responsabilità ha l’occidente nel caos libico?
Le responsabilità occidentale è devastante: i paesi europei hanno, di fatto, buttato all’aria un regime con il quale avevano in precedenza negoziato, in nome una rivoluzione che era quella del Qatar e dei Fratelli Musulmani, più che del popolo libico. È stato appoggiato un disegno del Qatar, quello di puntare ad una egemonia globale nel Medio-Oriente, appoggiando i Fratelli Musulmani come forza democratica, o pseudo-democratica. In questo sono stati coinvolti anche gli Stati Uniti di Obama. Il presidente statunitense ha sostenuto la tesi che vede la Fratellanza come una forza democratica in grado di contribuire alla costruzione di un Islam moderato. Tesi che si è rivelata utopica, la stessa illusione che era alla base delle primavere arabe e che riguarda tutto il Medio-Oriente, inclusa la Siria.
In questi anni hai fatto degli importantissimi reportage in Siria. Che idea ti sei fatto sugli attacchi chimici che l’Occidente ha tentato di attribuire ad Assad?
Sulle armi chimiche in Siria esistono varie ipotesi. Quello che è chiaro, adesso, è che Assad non aveva nessun interesse ad usarle. Con quello che è emerso in seguito, è molto più probabile che siano stati i ribelli, con armi importate proprio dalla Libia, a farne uso. Ci sono stati anche degli studi di ricercatori inglesi sugli stock di armi chimiche usati in Siria, ed è stato chiarito che le armi usate non erano di provenienza degli stock dell’esercito siriano, ma da stock di privati provenienti, con tutta probabilità, dalla Libia e della Turchia. L’attacco, poi, era una vera messa in scena. Ricordiamoci le foto delle decine di bambini deceduti, messi in fila per essere fotografati. E poi i la storia dei soccorritori che non morivano, in mezzo alla gente che moriva. Una messa in scena macabra.
Come andrà a finire il conflitto in Siria?
In Siria è abbastanza scontato come andrà a finire. Ci sarà una vittoria di Assad. Si tratta sempre di un regime autoritario, che presenta però, in questo momento, il male minore per il Paese. Non ci sono alternative, i ribelli sono forze che non possono rappresentare il paese.
Si dice che i reporter di guerra siano un po’ matti.
Si è vero, noi corrispondenti di guerra forse siamo un po’ matti. O forse siamo solo un po’ inconsapevoli. Io ho iniziato in Afghanistan, un tipo di conflitto diverso da quelli del Medio-Oriente, che si è svolto in tempi molto veloci. A volte si arriva lì non si ha il tempo di rendersi conto di quello che sta succedendo intorno. Quello che consiglio, a chi volesse intraprendere questo mestiere e a chi sta partendo per una zona di guerra è: prudenza. Una notizia non portata a casa, non vale più della propria vita, non c’è niente che valga di più della propria vita. E poi consiglio di ascoltare sempre chi ha avuto più esperienza, chi è stato sul posto, chi sa come funzionano le cose.