Dai tempi della presa dell’ ambasciata Usa nel 1979, che ha segnato la fine delle relazioni diplomatiche di Washington con l’Iran, gli Usa hanno cercato di rifarsi un’immagine per far erroneamente credere di «non essere più ostili» all’Iran, con l’idea però di pugnalarlo più tardi«. Lo ha detto la Guida suprema Ali Khamenei, parlando a migliaia di studenti nel 36/o anniversario di quella data, il 4 novembre 1979, diventato la Giornata nazionale della lotta contro l’arroganza globale. Khamenei – il cui discorso è stato ripreso dall’Irna e altri media iraniani, oltre che rilanciato dal suo account Twitter – ha invitato i giovani a leggere i documenti trovati dagli allora studenti all’interno dell’ambasciata, ribattezzata ‘covo di spiè. Documenti che provano, ha aggiunto, che gli Usa »stavano costantemente complottando contro la Repubblica islamica«.
La Guida ha poi ammonito sul rischio che le università iraniane tornino ad essere usate come un ponte verso l’Occidente, favorendo così infiltrazioni culturali da parte dei nemici della Repubblica islamica. Un elemento, quest’ultimo, fra quelli ricorrenti nei suoi discorsi dopo l’accordo sul nucleare con le potenze mondiali.
Intanto il Comune di Teheran, come ogni anno, ha issato poster e cartelloni anti americani nelle principali piazze e strade della capitale. Fra queste, nella centralissima Vali Asr Square, anche una copia rimaneggiata di una foto del Premio Pulizter e fotografo dell’Ap Joe Rosenthal, in cui le mani dei marines che issano la bandiera Usa sono sporche di sangue, e la collina su cui sono saliti è fatta da un ammasso di cadaveri. Ieri la maggioranza dei deputati del Majlis ha ribadito in un documento l’attualità dello slogan ‘Morte all’Americà, nell’ambito di un più vasto dibattito sulla sua validità dopo l’accordo sul nucleare del 14 luglio.