I miliziani dello Stato islamico (Is) hanno rapito 50 giovani nella città irachena di Mosul, capoluogo della provincia di Ninive, a nord di Baghdad, che si trova sotto il controllo dei jihadisti da giugno 2014. Lo ha annunciato il deputato iracheno Abdelrahim al-Shammari, secondo cui «la maggior parte di questi giovani sono attivisti del social network Facebook».
Il deputato ha aggiunto che gli ostaggi «sono stati condotti in un luogo sconosciuto», facendo appello al governo federale di Baghdad ad «assumersi le sue responsabilità e porre fine alla presenza dei miliziani dell’Is all’interno della città di Mosul». Da quando l’Is ha preso il controllo di questa e altre località della provincia di Ninive, si è assistito a un deterioramento della sicurezza e alla fuga di migliaia di persone verso il Kurdistan iracheno e altrove.
Nel giugno del 2014 la città è caduta in mano ai miliziani dello Stato Islamico, che hanno provveduto nelle settimane successive ad epurare la città da tutti i cristiani (scesi dai 50.000 del 2003 ai 3.000 del 2014), costretti ad abbandonarla dopo aver perso e visto sequestrati tutti i propri beni. Tra le azioni di guerra dei miliziani jihadisti v’è stata la distruzione della moschea dedicata al profeta Giona, costruita nel secolo XIII, delle millenarie mura di Ninive, di numerosi manoscritti e documenti di grande rilevanza storica della Biblioteca, una delle più antiche dell’Iraq, alcuni dei quali presenti in un elenco di testi rari stilato dall’Unesco, e di numerose statue e reperti risalenti all’impero assiro conservati nel Museo della città.
Nello scorso giugno, il giornalista Ghadi Sary di BBC News ha ottenuto una serie di video che mostrano com’è diventata la vita di tutti i giorni nella seconda città dell’Iraq. Nelle immagini si vedono i centri per la propaganda del gruppo islamista, scuole abbandonate e donne costrette a coprirsi completamente, volto compreso, quando sono in pubblico.
I video sono stati realizzati nel corso di alcuni mesi nel 2014 e, seppur brevi e a volte confusi, mostrano efficacemente come si vive a Mosul dopo l’occupazione. Una donna racconta di essere stata rimproverata per non avere le mani interamente coperte, come richiesto dalla stretta interpretazione della Shari’a (la “legge coranica”) applicata dall’ISIS. La donna racconta di essere andata al ristorante con il marito:
«Appena ci siamo seduti, mio marito mi ha detto che potevo togliere il velo dalla faccia perché non c’era nessuno dell’ISIS e perché era comunque un locale per famiglie. Ero molto contenta, l’ho tolto e gli ho fatto un sorriso. Pochi istanti dopo il proprietario del ristorante è venuto al tavolo e ha implorato a mio marito di farmi rimettere il velo perché i miliziani dell’ISIS fanno spesso ispezioni a sorpresa e sarebbe stato frustato se mi avessero vista così. Abbiamo sentito storie di uomini frustati perché le loro compagne non avevano i guanti»
Altre immagini mostrano come interi quartieri di Mosul in cui vivevano diverse minoranze religiose siano stati abbandonati, a causa delle persecuzioni o per timori di violenze e prepotenze da parte dei miliziani. Molti membri di queste comunità hanno raggiunto per tempo, seppure con grandi difficoltà, le aree dell’Iraq dove l’ISIS non esercita il proprio controllo.
I video contengono, inoltre, le testimonianze di diverse persone su torture e trattamenti brutali da parte dei miliziani, anche per le cose più banali:
«Da quando l’ISIS ha il controllo della città, ha iniziato ad applicare le “leggi del Califfato”, come le chiamano loro. La punizione minima sono le frustate, che viene applicata anche per cose come fumare una sigaretta. Il furto è punito con l’amputazione della mano, il tradimento da parte di un uomo viene risarcito gettando da un edificio molto alto chi lo ha perpetrato, mentre se a tradire è una donna viene decisa la sua lapidazione»