(Maddalena Celano) – Nel mese di Aprile 2016 un gruppo armato appartenente allo Stato islamico rapì decine di ragazze Yezide. La ONG Human Rights Watch dichiarò, a seguito del rapimento, che secondo una nuova ricerca, alcune delle ragazze stuprate, sono riuscite a sfuggire. Lo Stato islamico (noto anche come ISIS) impone anche una routine di restrizioni abusive alle ragazze irachene e limita gravemente la loro libertà di movimento, come l’accesso alle cure sanitarie e all’istruzione, nelle aree sotto il suo controllo.
A tal proposito, nel febbraio 2016 HRW dichiarò:
Una donna musulmana sunnita è fuggita dalla fortezza dello Stato Islamico di Hawija e Shirqat, ora riposa in un centro di accoglienza in Makhmour, a sud di Mosul, in Iraq il 14 febbraio 2016.
Tra gennaio e febbraio 2016, Human Rights Watch intervistò 21 donne arabe musulmane-sunnite della zona Hawija dell’ Iraq e 15 donne e ragazze della minoranza Yezida, le quali erano fuggite dalle aree controllate dall’ ISIS, verso la fine del 2015. Molte delle Yezide, rapite da ISIS nella metà del 2014, aveva trascorso più di un anno in cattività. Hanno descritto la loro forzata conversione all’Islam, tenute in schiavitù sessuale, comprate e vendute dai mercati di schiave. Homan Rights Watch realizzò un primo documento sullo stupro sistematico delle donne e delle ragazze Yezide nei primi mesi del 2015.
Tutte le donne e le ragazze sunnite hanno riferito di aver subito severe restrizioni sul loro abbigliamento e la libertà di movimento. Hanno riferito che avevano il permesso di uscire da casa solo coperte da velo completo, il niqab, ed accompagnate da un parente stretto di sesso maschile.
Le famiglie che vivono sotto il controllo di ISIS devono affrontare anche sofferenze di tipo materiale come la crescita dei prezzi dei prodotti alimentari, la mancanza di denaro contante, la mancanza d’acqua, la mancanza di strutture e servizi sanitari, tanto più che il governo iracheno ha smesso di inviare gli stipendi ai civili che vivono nelle aree controllate da ISIS, dalla metà del 2015. Vivono anche nel timore di attacchi aerei da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti e le forze governative irachene. Tutte le intervistate parlano della scarsità di cibo, della paura di attacchi aerei, e di abusi da parte di ISIS.
Undici donne intervistate hanno riferito di un accesso limitato all’assistenza sanitaria o all’istruzione a causa delle politiche discriminatorie, comprese le regole che limitano, ai medici di sesso maschile, di avere pazienti di genere femminile. Nelle zone più rurali, ISIS ha vietato alle ragazze di frequentare la scuola. Le milizie femminili di ISIS (una sorta di polizia religiosa) picchiano le donne con bastoni di metallo allontanandole dai servizi di prima necessità.
Le donne hanno anche riferito che membri di ISIS prendono i loro figli, abusano fisicamente di loro, e li costringono a pregare e prendere nomi islamici.
L’Iraq non ha aderito alla Corte penale internazionale (CPI), ma dovrebbe fare in modo da consentire al procuratore della corte di indagare e perseguire i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra e i genocidi commesso in Iraq da parte degli individui appartenenti a entrambe le parti del conflitto.
Il governo iracheno, curdo-iracheno e le autorità internazionali dovrebbero garantire servizi di supporto adeguati, tra cui il sostegno psico-sociale a lungo termine per coloro che sono sfuggite da prigionia e stupro. Alcuni servizi erano previsti per le donne rimaste incinte durante la loro prigionia, ma i servizi d’aborto sicuro e legale purtroppo non sono più disponibili. Il parlamento nazionale iracheno e il parlamento regionale del Kurdistan dovrebbero modificare le leggi, almeno per consentire aborti legali e sicuri per le donne e le ragazze stuprate.
Servizi per la salute mentale e servizi psicosociali sono stati forniti esclusivamente da KRG, da agenzie delle Nazioni Unite e qualche organizzazione non governativa. Ma poiché non vi sono servizi sufficienti o le spese sono troppo alte per alcune famiglie Yezide, le distanze geografiche, la mancanza di comprensione e di sostegno psico-sociale a causa di culture retrive che alimentano lo stigma dello stupro e della salute mentale, le donne Yezide sono costrette a vivere in condizioni sub-umane. L’unica organizzazione in grado di fornire un relativo supporto psico-sociale alle donne vittime di stupro e rapimento è lo YPJ, il ramo femminile della milizia YPG, che, insieme al PKK (partito dei lavoratori kurdi), hanno combattuto ISIS e fornito aiuti umanitari alle popolazioni locali.
Dalle 7.000 alle 10.000 donne formano il ramo femminile del YPG, lo YPJ e, di solito, si tratta di donne tra i 18 e i 25 anni. Influenzate dal marxismo-leninismo del fondatore del PKK Abdullah Ocalan, i curdi ritengono che la parità di genere debba essere integrata all’interno delle lotte civili e sociali per la sovranità nazionale. L’obiettivo è rendere la “liberazione” delle donne un elemento chiave del progetto nazionalista del partito.
Per i Kurdi liberal-socialisti i vantaggi politici e territoriali acquisiti da Isis, che cerca di limitare fortemente i diritti delle donne, rappresentano non solo una minaccia alla sicurezza internazionale ma una grave regressione di civiltà.
La Regione del Kurdistan che comprende parte della Turchia, della Siria, dell’Iraq e dell’Iran, il che rende la sua gente particolarmente vulnerabile ai conflitti, è terribilmente complessa e variegata sia sotto il profilo politico che culturale.
Dopo il crollo dell’Impero Ottomano, all’inizio del 20° secolo, le forze alleate hanno tentato di creare più paesi all’ ex-confini dell’impero, il Kurdistan venne così frammentato e disintegrato. Milioni di curdi sono stati lasciati senza un proprio Stato. Da allora, i membri del PKK, etichettati come un’organizzazione terroristica dagli Stati Uniti, la NATO e l’Unione Europea, sono stati impegnati in una lunga lotta contro la Turchia, e sono alla ricerca di sostegno internazionale per la loro causa.
Indipendentemente dagli obiettivi politici del PKK, molte femministe lodano lo YPJ per aver “affrontato le aspettative di genere nella regione” e “ridefinito il ruolo delle donne nei conflitti”. Secondo la fotoreporter Erin Trieb , “il YPJ è di per sé un movimento femminista , anche se il femminismo non è la loro missione principale … desiderano ‘uguaglianza’ tra donne e uomini, questa è una delle ragioni per cui si sono unite, per sviluppare e far progredire le percezioni sulle donne nella loro cultura. Possono essere forti e diventare leader”.