(Aldo Baquis) – A quasi un mese dalle politiche da cui il suo partito Likud è emerso nettamente vincitore, Benyamin Netanyahu non è ancora riuscito a formare un nuovo governo. I contatti con cinque liste collocate nell’area di destra della Knesset (parlamento) si sono rivelati una corsa ad ostacoli tanto frustrante quanto finora sterile. Secondo Haaretz, il premier incaricato si trova adesso a un bivio. Può imboccare – con il sostegno del nazionalista Naftali Bennett – il sentiero che lo porta all’interno della destra radicale e comporre un governo ideologicamente omogeneo ma destinato da accrescere l’isolamento internazionale del Paese; oppure intraprendere – con il sotegno del laburista Isaac Herzog – una strada che dovrebbe aiutare ad appianare i contrasti con Stati Uniti ed Europa, ma alla guida di un governo caratterizzato da forti dissensi interni. Una copia di quello che, nel novembre scorso, lo aveva indotto ad andare ad elezioni anticipate.
Formalmente non ci sono contatti fra gli emissari di Netanyahu e quelli di Herzog. Oggi però lo stesso Herzog e Tzipi Livni hanno pubblicato un documento sulle intese di Losanna per il nucleare iraniano. Il testo da un lato critica il premier per non aver saputo difendere a dovere i rapporti strategici con gli Stati Uniti, ma dall’altro raccoglie non poche delle critiche mosse da Netanyahu alla formulazione degli accordi sul nucleare iraniano.
Nell’ottica di Herzog e Livni Israele deve assecondare maggiormente la politica di Barack Obama, ma esigere «nella situazione creatasi» una sorta di carta bianca: ossia la legittimazione a priori degli Usa ad azioni militari che Israele si vedesse costretto a condurre per difendere la sicurezza nazionale. Nel frattempo però Netanyahu è ancora invischiato in laboriose trattative con le liste nazionaliste ed ortodosse per conciliare una serie di richieste contradditorie.
Parte degli attriti riguardano le prerogative del ministero delle finanze, che il leader di Kulanu Moshe Kahlon vuole estendere a scapito di altri ministeri. Altri dissensi sono emersi per l’assegnazione del ministero degli esteri: un dicastero conteso da Avigdor Lieberman (Israel Beitenu); Naftali Bennett (Focolare ebraico) e Silvan Shalom (Likud). Fra dieci giorni terminerà il mandato concesso dal capo dello Stato Reuven Rivlin per formare il governo.
Netanyahu potrà comunque ottenere una proroga di altre di due settimane. Secondo Haaretz, in ogni caso beneficierà del sostegno di Kulanu e delle due liste ortodosse. Adesso deve decidere se optare ancora per un’alleanza con le due liste nazionaliste di Bennett e Lieberman, oppure – contraddicendo in maniera vistosa la propria campagna elettorale – aprire in definitiva a Herzog e alla Livni. Difficilmente, stimano gli analisti, si avrà un chiarimento prima della fine del mese.
Aldo Baquis è corrispondete dell’Ansa