Israele attacca l’Iran: “Operazione Leone Nascente” nel cuore dell’instabilità mediorientale


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Israele ha lanciato un’offensiva massiccia contro l’Iran, denominata “Operazione Leone Nascente” o “Rising Lion”, colpendo impianti nucleari, fabbriche di missili balistici, basi militari e residenze di alti ufficiali . Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha definito questi attacchi “azioni preventive… per rimuovere una minaccia esistenziale”. Decine di obiettivi colpiti, tra cui comandanti come Hossein Salami e Mohammad Bagheri, oltre a scienziati nucleari; colpiti civili, inclusi bambini in aree residenziali. IAEA ha confermato che, nonostante le esplosioni a Natanz, non ci sono stati aumenti nei livelli di radiazione .

L’Iran ha risposto lanciando circa 100 droni verso il suolo israeliano, la maggior parte dei quali neutralizzati da difese aeree israeliane, giordane e saudite . Il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie ha promesso una “risposta dura e decisiva”. Altrettanto duro il presidente iraniano Masoud Pezeshkian: “Se Dio vuole, il regime sionista si pentirà della sua azione odierna”.

Israele ha pianificato 14 giorni di operazioni. La probabile durata della campagna è in linea con le aspettative degli analisti, secondo cui una singola ondata di attacchi non sarebbe in grado di arrecare danni sufficienti al programma nucleare iraniano, e con l’approccio globale di Israele di attaccare contemporaneamente le strutture, la leadership e l’arsenale iraniani, limitando la possibilità di un attacco di ritorsione. 

Il contesto più ampio: critiche, doppi standard e l’effetto sul conflitto palestinese

  1. Escalation già complessa: l’attacco giunge mentre nella Striscia di Gaza prosegue ciò che molti Usa ed Europa considerano un “genocidio” – lo sterminio sistematico di civili palestinesi operato da Israele. Tale offensiva amplia ulteriormente la crisi, trasformando il conflitto israelo-palestinese in una guerra multilaterale.

  2. Disparità nucleare: mentre Israele non ha mai confermato ufficialmente il possesso di armi nucleari, è universalmente ritenuto un potenza nucleare de facto. Netanyahu, tuttavia, punta il dito contro l’Iran, formalmente privo di bombe atomiche, presentandolo come una minaccia imminente all’esistenza israeliana . Questo squilibrio rende la crisi estremamente volubile e pericolosa.

  3. Motivazioni interne di Netanyahu: l’attuale premier si trova sotto pressione per le accuse di corruzione e crisi politiche interne. La pessima gestione della guerra a Gaza, in una sorta di conflitto permanente che ha provocato oltre 60.000 mila vittime la maggior parte della quale civili, ha isolato ancora di più il premier, sempre più ostaggio dell’ultradestra religiosa che punta a radere al suolo la Striscia, a deportare i palestinesi altrove e ad annettere quel territorio a Israele. Superata ogni barriera del diritto umanitario e internazionale, inseguito da un mandato d’arresto della CPI e isolato sul piano delle relazioni diplomatiche, il nuovo conflitto esterno con l’Iran serve da distrazione e galvanizza il consenso dell’ala più radicale del gabinetto presieduto da Netanyahu, raccontano analisti israeliani.

  4. Coinvolgimento ambiguo degli USA: gli Stati Uniti negano ufficialmente ogni ruolo nell’attacco, pur Trump stesso aveva dichiarato che “un attacco israeliano potrebbe benissimo accadere” . Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha ribadito la non partecipazione statunitense, sottolineando però che “l’Iran non deve colpire interessi o personale USA” . Ricorda tuttavia un precedente notevole: l’assassinio nel 2020 di Qassem Soleimani da parte di un drone USA, un episodio condannato da larga parte della comunità internazionale come violazione del diritto internazionale.

  5. Alleanze di potere: Washington continua a sostenere Israele con ingenti aiuti militari (miliardi in armamenti). Gli analisti affermano che tale flusso rafforza l’idea di un’influenza israeliana a Washington, con considerevoli profitti per il complesso militare-statale americano .

  6. Ripercussioni globali: la reazione internazionale è critica. Russia e Germania definiscono l’offensiva “illegale”, “non provocata” e in violazione della Carta ONU . Molti Paesi, tra cui Australia e Nuova Zelanda, invitano alla de-escalation .

  7. Rischio nucleare e negoziati: l’offensiva paralizza i negoziati in Oman sul nucleare iraniano previsti per il 15 giugno, che ora appaiono rimandati o compromessi . L’Iran potrebbe rilanciare al fine di giustificare investimenti nel nucleare e uscire dal Trattato di Non Proliferazione (NPT) .

L’Operazione Leone Nascente rappresenta una svolta drammatica nel conflitto mediorientale. La narrativa israeliana – razionale e difensiva – cozza con le critiche internazionali e con la tragedia umanitaria che continua a consumarsi a Gaza. Mentre Stati Uniti e Israele parlano di “difesa preventiva”, molti Stati e giuristi internazionali sollevano dubbi su legalità, proporzionalità e conseguenze potenti e irreversibili.

L’escalation innescata da Israele mette in luce una regione sempre più in pericolo, alimentata da alleanze strategiche, propaganda e interessi geopolitici. Rimane l’urgenza di riportare Israele e Iran – così come gli Stati Uniti – al tavolo diplomatico, prima che un conflitto regionale si trasformi in una guerra nucleare su larga scala.


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