Israele e Stati Uniti pianificano la deportazione dei palestinesi di Gaza: un progetto inaccettabile e pericoloso


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(Raimondo Schiavone) –  La CBS News ha rivelato un piano segreto e controverso che vedrebbe Israele e gli Stati Uniti collaborare per trasferire forzatamente oltre 2 milioni di palestinesi dalla Striscia di Gaza in Siria. Secondo il rapporto, il progetto farebbe parte di una più ampia strategia proposta dall’ex presidente Donald Trump, che prevedrebbe la presa di controllo statunitense sul territorio devastato dalla guerra, la sua bonifica e successiva trasformazione in un’area di sviluppo immobiliare.

L’idea di trasferire forzatamente la popolazione gazana è un’iniziativa che richiama gli episodi più bui della storia recente, evocando scenari di deportazioni di massa e pulizia etnica. La forzata espulsione di un popolo dalla propria terra è una violazione palese del diritto internazionale e dei principi fondamentali di autodeterminazione.

Mentre Israele, secondo fonti anonime, starebbe lavorando “silenziosamente” al piano, l’opposizione da parte dei Paesi arabi è stata immediata e netta. Nessun alleato degli Stati Uniti nella regione ha accettato l’idea di accogliere i rifugiati palestinesi espulsi, riconoscendo il rischio di destabilizzazione che un simile scenario comporterebbe.

Gaza è già teatro di una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo mesi di bombardamenti incessanti, l’isolamento imposto da Israele e il collasso delle infrastrutture essenziali, la popolazione civile si trova a vivere in condizioni disumane. Invece di investire in aiuti umanitari, ricostruzione e soluzioni diplomatiche, il piano proposto dagli Stati Uniti e Israele punta a “risolvere” il problema semplicemente spazzando via gli abitanti di Gaza.

L’idea che gli USA possano “prendere possesso” della Striscia, supervisionarne la bonifica e trasformarla in un progetto immobiliare è di per sé aberrante. Non solo cancella l’identità e i diritti di milioni di persone, ma sancisce il principio che un popolo possa essere rimosso dalla propria terra per favorire interessi economici e geopolitici.

Nonostante la segretezza dell’iniziativa, la sua divulgazione ha già suscitato una forte opposizione da parte di esperti, analisti e organizzazioni per i diritti umani. L’ONU ha più volte ribadito che lo spostamento forzato di una popolazione civile costituisce un crimine di guerra ai sensi del diritto internazionale.

Il tentativo di legittimare una deportazione di massa con il pretesto della ricostruzione post-bellica è un’operazione cinica e pericolosa. Il popolo palestinese ha il diritto di vivere nella propria terra, di ricostruire le proprie case e di autodeterminarsi, senza essere considerato un ostacolo da rimuovere per far spazio a nuovi progetti immobiliari.

Se il mondo rimane in silenzio di fronte a questa proposta, si rischia di avallare un precedente drammatico: quello in cui la pulizia etnica diventa una strategia geopolitica accettabile.


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