(Stefano Levoni) – Il leader del gruppo radicale ebraico antiassimilazione ‘Lehava’ Benzi Gopstein si è espresso in un dibattito a favore dell’ «incendio di chiese» ed ha aggiunto di essere disposto per questo a «passare 50 anni in carcere». Lo riportano i media israeliani che citano il resoconto del dibattito pubblicato dal sito ortodosso ‘Kikar Shabbat’.
Gopstein, ad una domanda di un giornalista, ha detto che la legge religiosa stabilisce ancora di «abbattere gli idoli». Nei giorni scorsi i servizi di sicurezza israeliani hanno arrestato a Safed (Galilea) Meir Ettinger, 24 anni, un ultrà ebreo che ha scritto sul web di considerare ”un peccato” la presenza nella Terra d’Israele di luoghi di culto estranei all’ebraismo, come chiese e monasteri. Ettinger è un nipote del rabbino Meir Kahana, leader negli anni Ottanta del gruppo anti-arabo Kach, poi ucciso in un attentato islamico.
In Israele gli atti vandalici nei confronti dei luoghi di culto cristiani da parte di ultrà ortodossi ed estremisti della destra ebraica sono aumentati negli ultimi anni. Ha destato scalpore e suscitato indignazione l’incendio che lo scorso 18 giugno ha devastato il santuario cristiano di Tabgha, in Galilea, dove si ritiene che sia avvenuto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, uno dei luoghi più visitati dai pellegrini cristiani nel nord di Israele. In uno dei muri del complesso religioso è apparsa una scritta in ebraico biblico: il verso di una preghiera anticristiana che inneggia alla cacciata degli idoli (“I falsi idoli saranno smascherati”).
L’anno scorso, dopo che su un muro dell’ufficio dell’assemblea episcopale di “Nostra Signora di Gerusalemme” era apparsa la scritta, con sopra la stella di Davide, «Morte agli arabi, ai cristiani e tutti quelli che odiano Israele», c’era stata la dura reazione dei vescovi cattolici: «Siamo molto preoccupati per la mancanza di sicurezza e per l’assenza di reazione sulla scena politica e temono una escalation di violenza». Di fronte all’assenza di azioni delle autorità israeliane «i vandali sono arrivati a fare minacce personali», aveva denunciato la Chiesa cattolica, riferendosi alle minacce di morte indirizzate, da un rabbino estremista, al vescovo di Nazareth.