(Beirut- Talal Khrais) – È guerra aperta contro la Russia e l’Iran. A condurla è l’Arabia Saudita che nei giorni scorsi ha raddoppiato la sua produzione, affondando così il mercato con una produzione giornaliera 10 milioni di barile al giorno. Il paese del Golfo, spinto dagli Stati Uniti, vuole ottenere come risultato politico, attraverso la produzione del greggio, un allontanamento di Russia e Iran dalla Siria
Mosca, infatti, è pronta a tagliare, a causa del ribasso dei prezzi, la produzione di petrolio di 200-300mila barili al giorno. Esistono altri fattori di pressione sulle sue quotazioni, come il comportamento, incomprensibile, dell’OPEC – l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio – che non riesce a decidere se ridurre o no il volume dell’estrazione dell’oro nero. Il mercato da giorni si è innervosito e i trader giocano al ribasso. Una situazione che può portare al caos, se non a una guerra dagli sviluppi imprevedibili.
Il presidente russo Vladimir Putin è stato chiaro: “Siamo davanti una guerra e ci difenderemo non solo con le armi tradizionali”.
Il summit dei rappresentanti dell’OPEC era un punto di partenza per il movimento dei prezzi del petrolio. Secondo gli esperti, il prezzo al barile non deve essere inferiore ai 90 dollari, un limite che mette in equilibro una serie di fattori, compresi quelli economici. È strano che in questa situazione l’OPEC non abbia adottato nessuna misura cardinale, venendo meno al suo dovere di mantenere l’equilibrio tra la domanda e l’offerta sul mercato del petrolio.
E’ sufficiente notare come lo scorso 27 novembre, dopo che l’OPEC ha deciso di non tagliare la produzione di greggio, il prezzo del petrolio “Brent” sia precipitato fino a 72 dollari al barile. Per i consumatori nessun beneficio, per gli equilibri geopolitici si è trattato di un vero disastro.
Secondo l’esperto economico Adnan al Haj, la decisione dell’OPEC di non modificare le quote di produzione del petrolio, con i prezzi che continuano a cadere, può aprire a qualsiasi sviluppo. “L’Arabia Saudita – ha dichiarato al quotidiano libanese As Safir – persegue l’obiettivo di emarginare lo shale gas e di rendere non redditizi i relativi progetti degli USA. Fino a quando non raggiungerà questo obiettivo, i prezzi del petrolio non cresceranno. Con la “non” decisione dell’OPEC, le probabilità che i prezzi del petrolio scendano gradualmente sono aumentate in modo esponenziale”.
Talal Salman, capo redattore del quotidiano As Safir, ha scritto: “Riad fa la guerra a Teheran a colpi di ribassi del petrolio. Se il prezzo del barile continuerà a restare attorno ai 75 dollari al barile per l’Iran si aprono scenari difficili sotto il profilo economico. I sauditi, sospinti dagli Usa, in questo modo hanno l’occasione per indebolire l’eterno rivale. La Repubblica Islamica dell’Iran ha bisogno di un greggio oltre i 90 dollari per raggiungere il pareggio di bilancio.”
“ I sauditi – ha continuato il giornalista libanese – sono in evidente difficoltà, soprattutto sul piano militare e strategico. Il loro tentativo di rovesciare il Presidente Bashar Assad, per troncare l’asse Damasco-Teheran, è fallito. Dunque ricorrono ora all’arma del petrolio per mettere alle strette il rivale iraniano”. Secondo Talal Salman “I prezzi bassi puniscono i nemici di Riad in Siria, ovvero Iran e Russia”.
Più esplicito il Generale Amin Hoteit: “L’offensiva saudita sul greggio è avvenuta con il sostegno dell’amministrazione Obama, interessata a mettere in difficoltà il Presidente Putin, facendogli pagare un prezzo economico alto per l’annessione della Crimea e la “violazione” della sovranità dell’Ucraina”.
La recente visita del ministro degli Esteri saudita, Saud al Faisal, a Mosca, dove si è riunito con il suo omologo russo Serguei Lavrov, ha ottenuto pochi risultati oltre a un modesto accordo per stabilire un gruppo di lavoro diretto alla cooperazione contro il terrorismo. Tuttavia, da varie indicazioni, risulta che le due parti non hanno ottenuto alcun accordo significativo su varie tematiche in contenzioso e, in particolare, sulla crisi in Siria e sugli sforzi russi per celebrare una conferenza di pace all’inizio del 2015. Faisal non ha raggiunto in particolare il principale obiettivo della sua visita: l’isolamento della Siria e il ritiro del sostegno della Russia a Damasco. Ai sauditi, dunque, non resta che utilizzare il petrolio per fare pressioni e danneggiare gli interessi dell’Iran e la Russia per il loro appoggio ad Assad.