La Russia, due giorni dopo il faccia a faccia tra Putin e Obama a New York, ha iniziato i raid aerei in Siria contro l’Isis. La notizia è arrivata dall’amministrazione americana, poi è stata confermata da Mosca. Secondo il Cremlino, i caccia sono decollati da una base nella regione costiera di Latakia poco dopo che – in una riunione a porte chiuse – il Senato russo aveva approvato all’unanimità la richiesta di Putin di autorizzare un intervento militare all’estero delle forze armate di Mosca. Un permesso che la Camera alta del Parlamento aveva concesso l’ultima volta nel marzo del 2014.
La Russia ha assicurato che userà solo forze aeree “senza partecipare a operazioni terrestri”. Intanto la presenza militare russa in Siria è cresciuta notevolmente negli ultimi tempi, parallelamente all’aumento delle forniture di armi al governo di Damasco.
Il segretario alla Difesa americano, Ash Carter, ha puntato il dito contro la Russia accusandola di “gettare benzina sul fuoco” e bollando il suo intervento militare come una vera e propria “aggressione”. Per il portavoce del ministero della Difesa, generale Konashenkov, i caccia russi hanno colpito “otto basi dell’Isis” sulle montagne siriane effettuando “in tutto circa 20 voli”, e soprattutto “non sono state usate armi aeree russe contro infrastrutture civili”.
Prevedibile la versione fornita da Khaled Khoja, il leader dell’opposizione politica siriana spalleggiata dall’Occidente, secondo cui le incursioni russe avrebbero ucciso 36 civili nella zona di Homs, dove – secondo lui – non sono presenti jihadisti dell’Isis o qaedisti. Mentre l’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), ha denunciato l’uccisione di almeno 27 civili, tra i quali sei bambini della stessa famiglia, sempre nella provincia di Homs, ma in raid dell’aviazione governativa siriana. Informazioni che però non hanno trovato alcun riscontro e non sono state confermate in modo indipendente.
Il ministero degli Esteri russo ha respinto le accuse con fermezza: si tratta di “guerra mediatica”, ha ribattuto la portavoce Maria Zakharova.
Alcuni alti funzionari americani hanno detto che i jet russi hanno bombardato anche aree che non sono sotto il controllo dello Stato islamico e dove le forze governative devono affrontare l’avanzata dei ribelli. Il Cremlino ha replicato: “L’aviazione russa in Siria sta fornendo sostegno alle forze armate siriane, che stanno combattendo contro l’Isis e altri gruppi terroristici ed estremisti”, ha osservato Dmitri Peskov, portavoce di Putin.
Secondo la ricostruzione delle fonti americane, la Russia avrebbe informato l’ambasciata Usa a Baghdad dell’inizio dei raid per evitare sovrapposizioni e incidenti tra l’aeronautica russa e quelle della coalizione anti-Isis guidata da Washington. Ma lo avrebbe fatto appena un’ora prima che partissero le incursioni. Il segretario di Stato americano ha detto esplicitamente che gli Stati Uniti temono che lo scopo della Russia possa in realtà essere quello di proteggere Assad. E da New York anche il ministro degli Esteri francesi Laurent Fabius ha dichiarato che «ci sono indicazioni secondo le quali le incursioni russe non hanno avuto come obiettivo l’Isis».
La richiesta di un intervento militare russo in Siria, ha fatto sapere la Russia, è arrivata direttamente da Assad, definendosi “l’unico Paese” ad intervenire contro l’Isis nel rispetto del diritto internazionale perché – ha sottolineato il portavoce del Cremlino – operazioni militari all’estero sono possibili solo sulla base di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu o su richiesta delle autorità legittime del Paese interessato.