La Svezia è una polveriera: 120 foreign fighter su 300 sono ritornati in patria dalla Siria


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Trecento cittadini svedesi sono partiti per la Siria e si sono uniti ai jihadisti dell’Isis, di questi 120 sono tornati. Lo ha dichiarato il premier svedese citato da RadioSweden. In una conferenza stampa dedicata al tema dell’allerta terrorismo, Stefan Lofven ha spiegato che la Svezia in passato è «stata ingenua rispetto agli allarmi su possibili attentati nel Paese». Il premier non ha voluto invece rispondere ad una domanda su Mutar Muthanna Majid, un sospetto ricercato dalla polizia danese che si teme possa essere entrato in Svezia.

Intanto la Svezia ha deciso di estendere fino all’11 dicembre i controlli di migranti alle sue frontiere. Lo ha annunciato il premier svedese citato da RadioSweden. La misura era stata introdotta lo scorso 11 novembre e doveva restare in vigore fino al 21. Il servizio di sicurezza ed intelligence svedese (Sapo) ha annunciato di aver alzato da 3 a 4 il livello di allarme su una scala che arriva a 5.

In ogni caso le cifre sui Foreign Fighters impegnati in Siria sono controverse perché non esistono dati ufficiali e i servizi d’intelligence faticano ad avere informazioni certe. The International Centre for the Study of Radicalisation (ICSR), analizza da anni il fenomeno attraverso un complesso database proveniente da fonti aperte sia dirette (analisi dei social media e dei siti jihadisti), sia indirette (oltre 1.500 fonti media internazionali).

 

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Un’ultima stima parla di 20/25 mila combattenti stranieri in Siria dal 2011 ad oggi, di cui un quinto (4.500) cittadini europei. I numeri comprendono anche coloro che sono morti o quelli che sono rientrati nei loro paesi d’origine. Altre stime parlano di 30mila, numeri che, come detto, sono poco verificabili. Una cosa è certa: il conflitto in Siria è la più grande mobilitazione di combattenti stranieri islamici almeno dal 1945”.

 

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