(Silvia Contu) – Le prove non bastano ad Ankara ad ammettere la violazione della tregua in Siria. E neppure il monito degli alleati occidentali che hanno chiesto alla Turchia di astenersi da qualsiasi azione militare che non sia indirizzata contro i terroristi dello Stato Islamico. Niente da fare: Erdogan continua a considerare i curdi siriani dei terroristi, una sorta di prolungamento del PKK, e per tale ragione dal 13 febbraio l’artiglieria turca ha regolarmente preso di mira le postazioni del Pyd e le Unità di Protezione del Popolo (Ypg).
Le contraddizioni della guerra in Siria spezza il gioco delle alleanze e ogni giorno mettono in discussione quello che di certo sembra essere stato raggiunto con fatica diplomatica. Il PYD e l’YPG, infatti, vengono considerati “terroristi” dalla Turchia ma sono formazioni sostenute militarmente dagli Stati Uniti. E in questa fase di conflitto, dopo l’ingresso in campo della Russia, hanno persino agito congiuntamente con l’esercito di Damasco nel nord della Siria, mettendo in crisi di fatto anche l’allenza con gli Stati Uniti. Si tratta di uno scacchiere complicato dove nulla è come appare.
La Turchia, dunque, bombarda ma non ammette. Anzi, smentisce a tutto campo. Un responsabile turco, sotto anonimato, ha dichiarato alle agenzie di stampa: “Non abbiamo preso di mira il Pyd dopo il cessate il fuoco del 27 febbraio scorso”. Le prove dicono ben altro. Di certo i curdi non si sono sparati da soli. E nessuno, tranne i gruppi jihadisti e la Turchia, in questo momento è interessato a indebolirli. Tanto più che nelle ultime ore è si parla di un fantomatico piano russo – qualche timida ammissione in realtà è arrivata – per dividere la Siria in tre parti: il sud e la zona di Damasco sotto il controllo governativo (con sciiti, alawiti, cristiani, drusi e tutte le minoranze etnico-religiose fino a oggi perseguitate), il centro a maggioranza sunnita (un sorta di protettorato turco -saudita) e il nord ai curdi.
Fino a oggi la Russia ha sempre ecsluso un piano di spartizione di questo tipo, poco gradito anche all’alleato Assad, all’Iran e ad Hezbollah. La stessa portavoce degli Esteri, Maria Zakharova, ha di recente ribadito che presupposto di qualsiasi pacificazione è “il rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità siriana”. Parlando del ruolo dei curdo-siriani alleati sia di Mosca che degli Usa, pur rifiutando un “Grande Kurdistan”, ha dichiarato che il loro desiderio di autonomia “va preso in considerazione”. Un’ipotesi che la Turchia non prende in considerazione e rigetta su tutti i fronti. E per evitare qualsiasi rafforzamento delle postazioni curde ai suoi confini, ha adottato la linea dura: bombardamenti anche durante la tregua. Con buona pace dei suoi alleati.