Due zone cuscinetto confine con la Siria e lungo quello con l’Iraq. E’ quanto chiede la Turchia in vista dell”imminente operazione militare contro lo Stato islamico che, secondo le stime, costringerà tra i due e quattro milioni di persone a scappare dalla regione controllata dai jihadisti secondo un report dell’esercito turco.
Il capo di Stato maggiore turco Necdet Ozel, nel corso di una riunione sull’emergenza Isis a Ankara con il premier Ahmet Davutoglu, il presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan, il capo dei servizi segreti Hakan Fidan e diversi ministri ha ipotizzato questa soluzione per gestire la probabile nuova ondata di rifugiati.
La Turchia, che ospita già oltre un milione 200 mila rifugiati siriani, chiederà alla Nato di vigilare sulla sicurezza della zona cuscinetto che, secondo le autorità di Ankara, deve avere solo uno scopo “umanitario”, ospitare i profughi in fuga dal conflitto in tende e container e curare i feriti.
Intanto la Turchia è accusata da più parti di essere la terra di passaggio per migliaia di aspiranti miliziani dell’Isis, il luogo dove molti terroristi si sono addestrati (sono stati individuati almeno due campi utilizzati a questo scopo) e persino la destinazione finale del petrolio commercializzato dai jihadisti.
Sorda alle critiche che la vedono direttamente responsabile per il finanziamento e la vendita di armi all’ISIS, tutto in funzione anti Assad, la Turchia ha negato agli alleati della Nato le proprie basi come punto di partenza dei raid. Le autorità di Ankara hanno giustificato tali scelte con la necessità di salvaguardare la sicurezza nazionale e la vita dei 49 ostaggi turchi in mano all’Isis.
La Turchia è inoltre diventata un ricco bacino di reclutamento per gli estremisti: fino a mille turchi si sarebbero uniti ai miliziani, secondo gli organi di stampa locali e i funzionari di Ankara; in tutto, secondo la Cia, il gruppo avrebbe a disposizione tra i 20.000 e i 31.500 combattenti.
I timori di Ankara sono legati anche al fatto che la minaccia terroristica dell’Isis, alle porte di casa, possa durare molti anni. Secondo l’esperto di terrorismo internazionale, il professor Peter Neumann del Kings College di Londra, il fenomeno terroristico di questa nuova sigla del terrore durerà per i prossimi vent’anni.
Un pericolo che riguarda anche l’Ue: “Dobbiamo contare sul fatto che almeno una minoranza di questi prima o poi sarà attiva anche in Europa”. Per Neumann sta crescendo una “nuova, giovane al Qaeda”, una generazione di terroristi non formata con l’attentato dell’11 settembre negli Usa, ma dalle lotte in Siria e in Iraq, ha aggiunto. “Un attentato a Berlino non ci sarà forse oggi o domani, ma saremo a rischio per almeno due decenni, per un’intera generazione”, ha spiegato l’esperto, secondo cui sono circa 2400 i combattenti occidentali dell’Isis. Proprio costoro “commettono i crimini più brutali, perché sono particolarmente motivati dal punto di vista ideologico”.