L’arresto di Ekrem İmamoğlu: implicazioni politiche e reazioni internazionali


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(Francesco Levoni) – L’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, ha provocato una scossa profonda nel panorama politico turco e internazionale. Figura simbolica dell’opposizione al presidente Recep Tayyip Erdoğan e ritenuto uno dei suoi più credibili rivali, İmamoğlu è stato posto in custodia con l’accusa di corruzione, abuso d’ufficio, terrorismo e ostacolo all’azione della pubblica amministrazione, in relazione a presunte irregolarità nella gestione di gare pubbliche e nomine municipali.

L’arresto di İmamoğlu giunge in un momento politicamente sensibile, a circa un anno dalle elezioni generali. La sua ascesa nel 2019, quando vinse per due volte le elezioni municipali di Istanbul contro il partito di governo AKP, aveva già segnato un duro colpo per Erdoğan. Da allora, il sindaco ha affrontato una lunga campagna giudiziaria, tra cui una condanna in primo grado nel 2022 per “oltraggio a pubblico ufficiale”, ampiamente criticata come politicamente motivata.

L’arresto ha scatenato una notte di tensioni in molte città turche. Migliaia di cittadini sono scesi in piazza a Istanbul, Ankara, Smirne, ma anche ad Adana, Mersin, Konya, Çorum, Eskişehir, Antalya, Van e Sakarya. A Istanbul si sono verificati scontri tra manifestanti e polizia, con 16 agenti feriti secondo quanto riportato dal ministro dell’Interno Ali Yerlikaya. A Smirne e Ankara, studenti universitari hanno protestato fino a tarda notte, lanciando oggetti contro le forze dell’ordine che hanno risposto con gas lacrimogeni.

Il partito di İmamoğlu, il Partito Repubblicano del Popolo (CHP), ha definito l’arresto un “atto grave di intimidazione”, dichiarando che la magistratura è ormai uno strumento al servizio del potere esecutivo. Il presidente del CHP, Özgür Özel, ha parlato apertamente di un “colpo di Stato civile” contro l’opposizione:

“La democrazia turca è in coma. Le istituzioni sono collassate, la Costituzione è stata di fatto ritirata. Hanno perso Istanbul per tre volte grazie a İmamoğlu, l’unico che ha sconfitto Erdoğan, e ora vogliono disfarsene usando la magistratura”.

Il governo, da parte sua, ha replicato sostenendo che “nessuno è al di sopra della legge”, accusando l’opposizione di politicizzare un’inchiesta fondata su prove concrete. Il ministro della Giustizia Yılmaz Tunç ha definito le proteste “inaccettabili e fuorilegge”. Intanto, 54 persone sono state arrestate per “incitamento all’odio e all’ostilità” dopo aver pubblicato messaggi sui social network legati all’arresto, e sono in corso indagini su oltre 300 individui.

La comunità internazionale ha reagito con preoccupazione. L’Unione Europea, tramite l’Alto rappresentante Josep Borrell, ha chiesto rispetto delle garanzie costituzionali e ha espresso timori per lo stato di diritto in Turchia. Anche il Dipartimento di Stato USA ha invitato Ankara a garantire l’indipendenza della magistratura ed evitare derive autoritarie. Amnesty International ha denunciato un “ennesimo caso di repressione sistematica dell’opposizione”.

L’arresto di İmamoğlu rischia di trasformarsi in un boomerang politico per Erdoğan. Se da un lato mira a indebolire l’opposizione in vista delle elezioni, dall’altro potrebbe rafforzare la figura del sindaco come simbolo di resistenza democratica. Come osserva Al Jazeera, questa azione potrebbe alimentare una narrazione di martirio politico intorno a İmamoğlu, con potenziali ricadute sulla partecipazione elettorale e sull’immagine della Turchia all’estero.

L’arresto di Ekrem İmamoğlu non è solo un evento giudiziario: rappresenta uno snodo critico per il futuro della Turchia. In un contesto in cui le istituzioni democratiche sono messe alla prova, la vicenda mette in luce le profonde fratture tra autoritarismo e istanze democratiche. La vera posta in gioco è la direzione che il Paese intende prendere: verso una crescente centralizzazione del potere o un rinnovato impegno per la democrazia, la trasparenza e lo stato di diritto.


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