Le lacrime di Hollywood e il silenzio su Gaza


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(Raimondo Schiavone) – Mentre tutti i riflettori del mondo si accendono sul dramma delle ville hollywoodiane in fiamme a Los Angeles, c’è qualcosa che sfugge all’attenzione mediatica globale: Gaza. Sì, perché se le case dei ricchi, rigorosamente di legno (come si conviene per chi può permettersi il lusso di ignorare le leggi base della fisica e del buon senso), sono ridotte in cenere, il mondo intero si ferma. Titoli strillati, speciali in prima serata e ospitate televisive: le celebrità colpite meritano empatia e compassione.

La lista dei “caduti eccellenti” è lunga. Pare che le fiamme abbiano lambito la residenza di una nota popstar, il rifugio zen di un attore premio Oscar e persino il ranch “minimalista” di una regina del pop. E i media? Tutti al capezzale delle stelle. La villa di Jennifer Aniston? “Un simbolo della cultura contemporanea, un dramma per l’umanità”, tuona un noto anchor americano.

Ma spostiamoci a qualche migliaio di chilometri di distanza, dove il cemento — sì, quel materiale solido che dovrebbe garantire un minimo di sicurezza — non basta. A Gaza, le case non vengono solo bruciate; vengono polverizzate, rase al suolo. I bombardamenti israeliani non lasciano nulla in piedi, nemmeno il tempo per versare lacrime. Eppure, su quei bambini che dormono sotto il cielo aperto nessuno si sofferma. Niente titoli, niente speciali, niente lacrime in prima serata.

Perché? Forse perché le macerie di Gaza non fanno notizia come il parquet carbonizzato di una villa con vista a Los Angeles. O magari perché la lobby hollywoodiana sionista ha più peso di qualche migliaio di bambini senza cas


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