Libia: inizia la corsa per conquistare Sirte, feudo dello Stato islamico e roccaforte di Gheddafi


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E’ scattata la corsa per conquistare Sirte, feudo dello Stato islamico (Is) in Libia e roccaforte del defunto colonnello Muhammar Gheddafi. Dalla base navale di Abu Seta, a Tripoli, il Consiglio presidenziale libico ha lanciato un appello alle forze del generale Khalifa Haftar, capo di Stato maggiore dell’Esercito libico basato a Tobruk e Bengasi, per attaccare Sirte “insieme” ed estromettere i jihadisti dalla città. Attraverso un comunicato, l’autorità libica sostenuta dall’Onu e dall’Italia ha chiesto alle milizie che apprestano ad attaccare Sirte di “attendere istruzioni” e di rispettare l’accordo di riconciliazione nazionale. Da diversi giorni, infatti, le forze di Haftar stanno preparando l’offensiva sul capoluogo libico di Daesh (acronimo in arabo di Stato islamico dell’Iraq e del Levante), sia con truppe di terra che con bombardamenti aerei dalla base di Benina. Sempre che la caduta di Sirte sia una questione di tempo, chi si assumerà il merito della vittoria acquisirà prestigio agli occhi del popolo libico e della comunità internazionale.

Secondo Mattia Toaldo, analista sulla Libia dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr), l’offensiva su Sirte è parte del “braccio di ferro tra Sarraj e il governo di accordo nazionale da una parte, e il generale della Cirenaica fuggito per anni negli Stati Uniti dall’altra. “Tramite l’offensiva su Sirte, Haftar punta a dimostrare di essere l’unico punto di contatto credibile in Libia nella battaglia contro l’Is, che è la lente attraverso cui molti ‘decision-makers’ a Washington ed in Europa guardano alla Libia. Che riesca a conquistare la città è tutto da dimostrare, bisognerebbe vedere se riceverà anche qui l’aiuto esterno che ha avuto a Bengasi da egiziani, francesi e britannici”, ha detto Toaldo ad “Agenzia Nova”. L’esperto dell’Ecfr ha sottolineato che la dichiarazione del Consiglio presidenziale di Tripoli, a suo giudizio, “dimostra che anche quella parte della Libia non starà con le mani in mano; in realtà questo potrebbe portare all’accelerazione di un processo di costruzione di strutture militari unitarie, ovviamente per il momento senza Haftar”.

Fondamentale per la conquista di Bengasi potrebbe essere l’appoggio dei fedelissimi di Gheddafi. “Va registrato il contributo di alcuni capi militari dell’epoca di Gheddafi e le continue aperture verso l’ex regime da parte di Tobruk: la vedova di Gheddafi, per esempio, è stata invitata ad al Bayda”, ha aggiunto l’analista italiano residente a Londra. Il riferimento è al recente appello lanciato dal “Consiglio degli anziani” della città libica orientale, fino a poco tempo fa sede del governo transitorio libico nella Cirenaica, a Safia Farkash, vedova del defunto colonnello, per tornare nella sua città natale di al Bayda “con onore e dignità” insieme “insieme ai suoi nipoti”.

Dopo la caduta di Tripoli nell’agosto 2011, la vedova di Gheddafi ha lasciato la Libia attraverso l’Algeria insieme ai figli Aisha e Hannibal e al figliastro Muhammad, nato dalla prima moglie del colonnello. Secondo Marco Di Liddo, “senior analist” del Centro Studi Internazionali (Cesi), allo stato attuale si è ancora in una fase di trattative. “Lentamente Sarraj prova a costruire il proprio consenso all’interno del governo di unità nazionale, al momento una sorta di governo di Tripoli ‘potenziato’. Tale fase di tessitura passa inevitabilmente attraverso il regolamento dei conti con Tobrouk e con il generale Haftar. La priorità è quella ri-definire gli equilibri di potere interni e di dimostrare alla Comunità internazionale di poter imporre la propria influenza anche in Cirenaica, dunque oltre Tripoli e Misurata”, ha spiegato Di Liddo ad “Agenzia Nova”.

“A questo occorre aggiungere l’elemento dettato dalla corsa su Sirte e dalla necessità di neutralizzare (o almeno indebolire) lo Stato Islamico. Conquistare Sirte e ridimensionare il potere di Daesh in Libia è fondamentale per diverse ragioni: eliminare una formazione para-militare ed estremista avversa; riconquistare una delle principali città del paese; guadagnare prestigio e crediti politici sia interni che internazionali proponendosi quale reale forza di stabilizzazione nazionale”. Nel caso in cui le forze del governo di unità nazionale dovessero liberare Sirte, “Tobruk ed Haftar potrebbero veder ulteriormente ridotto il proprio spazio di manovra politico e si troverebbero sempre più circoscritti nell’area di Bengasi-Derna Tobruk”, ha detto ancora Di Liddo. “Viceversa, se Haftar arriva prima a Sirte e la libera, è lui a guadagnare capitale politico da spendere in sede negoziale, mettendo Tripoli davanti al fatto compiuto e consolidando il controllo della Cirenaica, compresi i terminal petroliferi per l’esportazione”.

Non a caso il premier del governo transitorio libico con sede a Bengasi, Abdullah al Thani, ha affermato che le esportazioni di petrolio dalla Cirenaica “sono legittime e legali” e che le autorità della Libia orientale continueranno questo tipo di operazioni. Il riferimento è alla petroliera battente bandiera indiana Distya Ameya, attualmente “in attesa di istruzioni” a poche miglia dall’isola di Malta con a bordo circa 650 mila barili di petrolio libico prelevato “illegalmente” dal porto di Marsa al Hariga, a Tobruk. Per Marco di Liddo, inoltre, l’appello lanciato dalle autorità di Tripoli ad Haftar “ha il duplice significato di voler prendere tempo e di mandare un segnale preciso al generale, ossia quello di non prendere iniziative unilaterale contrarie alla volontà del governo di unità nazionale”. Più complessa è la questione dei lealisti di Gheddafi a Sirte, su cui finora si sono appoggiati i jihadisti dello Stato islamico.

“Senza di essi non avrebbero mai potuto consolidare il controllo della città. Occorrerà verificare che cosa Haftar sarà in grado di offrire alle realtà tribali locali e se riuscirà a replicare le ottime trattative fatte a Derna e Bengasi per mettere in minoranza i gruppi jihadisti ed espellerli dalla città. Certo, a Bengasi e Derna Haftar aveva alleati che a Sirte, al momento, sembra non avere. Oggi la Libia è una gigantesca asta politica, dove i gruppi cambiano le alleanze con estrema flessibilità e rapidità se necessario”, ha detto ancora di Liddo, citando l’esempio di Tripoli. “Era difficile immaginare che Sarraj potesse riuscire a trattare così efficacemente con le milizie della capitale. Una simile aleatorietà ed un simile possibilismo – ha concluso l’analista del Cesi – potrebbero riguardare anche Haftar”.

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