(Alessandro Aramu) – Si combatte nel campo profughi palestinese di Al-Yarmouk, un sobborgo a sud di Damasco, capitale della Siria. Da quasi una settimana, si cerca di respingere l’offensiva dell’ISIS-Daesh che ha conquistato terreno soprattutto nella parte meridionale del distretto, dove la presenza delle fazioni palestinesi anti Assad e dei ribelli è più forte. Ed è proprio qui che i miliziani dello Stato Islamico hanno incominciato la loro avanzata nel campo. Secondo alcuni testimoni, l’ingresso sarebbe stato agevolato da alcuni miliziani del Fronte Jabhat Al-Nusra, ramo siriano di Al -Qaeda presente da tempo nel campo.
Il primo a contrastare gli uomini dello Stato Islamico, visto che ne controllava l’area, è stato il gruppo palestinese islamico “Aknef Beit Al-Maqdis”, nato da una costola di Hamas. Questo gruppo è accusato da una parte dei palestinesi (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e gruppi di resistenza locale) di essere composto da mercenari e di tenere sotto assedio il campo insieme al Free Syrian Army (Esercito Siriano Libero), raggruppamento militare anti- Assad che l’Occidente considera “moderato”. Come tale, in questi anni è stato destinatario di ingenti somme di denaro e di forniture di armi, molte delle quali sono però finite ai gruppi jihadisti, le cui fila sono state ingrossate proprio da molti disertori del Free Syrian Army.
Sono informazioni che gettano nuova luce sul campo profughi della capitale: i palestinesi non sono solo le vittime in quel contesto ma anche carnefici, con alcune fazioni radicali che sono apertamente contro la popolazione.
La sinistra palestinese, e in particolare il Fronte Popolare, presente nel campo con propri uomini, ha espresso parole durissime contro le fazioni palestinesi che stanno tenendo sotto scacco la popolazione e ha smentito in modo categorico che il campo sia assediato, come raccontato dal sistema mediatico internazionale, dall’esercito di Assad.
Al-Yarmouk è in una posizione strategica, un punto di passaggio tra la zona di Al-Hajar Al-Aswad, in cui si trovano varie formazioni di “ribelli”, e da dove sono arrivati i terroristi dell’ISIS, e le zone più centrali di Damasco. È dunque normale, come riconosce anche il Fronte Popolare di Liberazione per la Palestina, che l’esercito governativo protegga la città e impedisca che i terroristi attivi nel campo possano superare una linea di difesa. Un argine che in alcun modo deve essere varcato, proprio per tenere immune la capitale, o la sua parte centrale, dai combattimenti.
“Le forze governative – scrive kanafani.it, sito di informazione che condivide gli ideali della sinistra rivoluzionaria palestinese e svolge funzioni di carattere informativo – hanno più volte proposto alle 14 fazioni palestinesi di intervenire in loro appoggio per affiancarle nel respingere i gruppi di opposizione entrati nel campo, ma da tempo si è giunti ad un’intesa tra le 14 fazioni palestinesi e il governo siriano rispetto alla non ingerenza dell’esercito nelle questioni del campo. Ovviamente – continua il sito palestinese – le forze governative non possono non arginare tramite posti di blocco una zona ad alto rischio nelle immediate vicinanze del centro della capitale. E da qui nasce la strumentalizzazione in favore dei mercenari della cosiddetta “opposizione siriana” di un “campo profughi palestinese assediato dal regime siriano”.
Dopo giorni di combattimenti, dunque, l’Isis è stato in grado di espandere il proprio controllo su un certo numero di blocchi vicino Libia Street, uccidendo molti combattenti della fazione islamista di Aknef Beit Al-Maqdis, sequestrando anche civili e uccidendo almeno quattro persone. In queste ore sono circolate immagini di alcune decapitazioni all’interno del campo. Una notizia impossibile da verificare anche se alcune fonti ritengono credibile che i terroristi dello Stato Islamico abbiamo incominciato a consumare le prime vendette. Intanto almeno 250 miliziani di Hamas hanno perso le loro postazioni, spazzati dai terroristi di ISIS.
Proprio il gruppo palestinese Aknef Beit Al-Maqdis, secondo un rapporto di The Arab Source, è stato costretto a stipulare una tregua con Jabhat Al-Nusra (con al Qaeda) per evitare di “affrontare le aggressioni dell’ alleato di quest’ultimo nel campo, ovvero Hajar Al-Aswad”. Ancora una volta, dunque, la galassia anti Assad si ricompone e si scompone, si allea e si fronteggia in funzione delle circostanze e delle strategie da adottare di volta in volta. L’unico collante tra questi gruppi è l’odio verso Assad, nemico comune che viene usato per accaparrarsi denaro, accreditarsi agli occhi dell’opinione pubblica internazionale e avanzare pretese di leadership politica. Sono questi gruppi che hanno messo in ginocchio il campo profughi e la loro popolazione.
A nord del campo, sono attivi in prevalenza i gruppi di resistenza palestinese, che hanno posizione non ostili al Governo di Damasco e accusano le altre fazioni, come detto, di tenere sotto scacco il campo di Al- Yarmouk grazie all’alleanza con i ribelli del Free Syrian Army, dei terroristi di al Nusra e di altre sigle radicali. L’offensiva in questo caso è guidata dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina insieme al Comando Generale (PFLP-GC), l’Esercito di Liberazione della Palestina (PLA), e Fatah Al-Intifada. Questi gruppi sono stati in grado di prendere il controllo di Marocco Street, Al-Ja’ounah Street, e il Cimitero dei Martiri dopo aver combattuto un grande contingente del’Isis nel settore settentrionale del distretto.
Secondo una fonte di Jarmana Camp, i gruppi della resistenza palestinese hanno ucciso nelle ultime ore un numero imprecisato di terroristi dell’ISIS, tra i quali: Manaf Yousif Taha ‘(Libanese), Radwan Ghassan Al-Boustani (Palestinese), Nouress Khalil Haroun (Libanese), Hussein Wasseem Shalaan, Qusay Mohammad Yasseen , Ahmad ‘Abdel-Rahman’ Abdulllah (Palestinesi), Ahmad Mahmoud Haddad (Palestinese), Nour al-Deen Tamaam Al-Khodor, e Ali Al-Hosni Saqr.
Molti terroristi sono quindi palestinesi. Alcuni, secondo le fonti locali, sono giovani cresciuti nel campo profughi, che avrebbero deciso di passare dalle fazioni palestinesi più radicali alle milizie del Califfo. Si parla di una paga di 500/ 600 dollari. Ma, visto il contesto, la paga potrebbe essere molto più bassa, non più di 200 dollari al mese. Stretti nella morsa dei combattimenti, il campo di Yarmouk è diventato una trappola mortale per i profughi palestinesi.
I gruppi della resistenza palestinese controllano circa il 40% di Al-Yarmouk. La conferma è arrivata anche dal responsabile dell’Olp (l’Organizzazione per la liberazione della Palestina) in Siria, Anwar Abdel-Hadi: “L’organizzazione Daesh – ha affermato – ora controlla solo il 60 per cento del campo di Yarmuk, mentre in precedenza ne avevano conquistato il 90 per cento”. Abdel-Hadi ha spiegato che sono ancora in corso gli scontri tra i miliziani dell’Is e i comitati popolari palestinesi all’interno di Yarmuk. “I miiziani di Daesh stanno sparando a chiunque cerchi di entrare o di uscire dal campo”.
Sul fonte orientale del campo, l’ELP e FPLP-GC hanno sferrato un’offensiva per liberare il quartiere di Al-Tadamon dalle fazioni islamiste nel settore sud-ovest. Si combatte isolato per isolato. casa per casa.
Secondo alcune fonti, l’esercito governativo non sarebbe stato a guardare e avrebbe utilizzato elicotteri d’assalto per respingere l’avanzata di ISIS nel campo. Una notizia che un’autorevole fonte di Damasco però smentisce categoricamente: “Non c’è un solo soldato siriano sul terreno di Yarmouk. L’esercito non è coinvolto, sono false le notizie di bombardamenti. Assolutamente false”. L’esercito però negli ultimi giorni ha consentito l’evacuazione di circa 3000 palestinesi che abitavano nel campo. Un triste destino: profughi che diventano profughi per la seconda volta. I civili sono stati accolti nei centri forniti dal governo siriano nei due distretti di Tadhamon e Zahira Le persone hanno raccontato di aver lasciato il campo grazie all’esercito arabo siriano e ai comitati popolari palestinesi e alle fazioni dell’Alleanza delle forze palestinesi dopo che ISIS e Al Nusra “hanno attaccato le loro case e commesso crimini contro di loro”.
Alessandro Aramu (1970). Giornalista professionista. Laureato in giurisprudenza è direttore della Rivista di geopolitica Spondasud. Autore di reportage sulla rivoluzione zapatista in Chiapas (Messico) e sul movimento Hezbollah in Libano, ha curato il saggio Lebanon. Reportage nel cuore della resistenza libanese (Arkadia, 2012). È coautore dei volumi Syria. Quello che i media non dicono (Arkadia 2013) e Middle East. Le politiche del Mediterraneo sullo sfondo della guerra in Siria (Arkadia Editore 2014). Il suo ultimo libro è: “Il genocidio armeno: 100 anni di silenzio-Lo straordinario racconto degli ultimi sopravvissuti” (Arkadia Editore 2015) con i giornalisti Gian Micalessin e Anna Mazzione. Fa parte del Centro Italo Arabo Assadakah ed è vicepresidente del Coordinamento nazionale per la pace in Siria.