(Maddalena Celano) – Il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) dalla scorsa settimana, dopo la sconfitta elettorale di questo 6 dicembre, ha cominciato a fare autocratica ed un’ acuta analisi della situazione socio-politica del paese. L’ obbiettivo è rinvigorire la Rivoluzione Bolivariana, dopo la battuta d’ arresto.
Il presidente Maduro, prima figura dello PSUV, ha anche affermato “di voler rilanciare il lavoro per la trasformazione della gestione economica, ritrovare la strada per un buon governo, il funzionamento e l’organizzazione politica della comunicazione popolare”.
Per cominciare il più presto possibile, Maduro ha convocato un Congresso per ridefinire il pensiero economico-socialista come modello di produzione.
“Dovremmo essere in grado di trovare un nuovo modo di produzione e redistribuzione, conforme a una economia giusta e fuori dai modelli di rendita basati sulla commercializzazione delle materie prime come il petrolio”, ha affermato.
Maduro ha anche esortato a combattere la burocrazia, migliorare i metodi di lavoro del partito ed esercitare un lavoro di critica e di autocritica in tutti i casi.
Secondo il capo dello Stato Venezuelano, le forze di sinistra supereranno la battuta d’arresto del 6 dicembre, quando il MUD (Mesa de la Unidad Democràtica), l’ alleanza di opposizione ha vinto 112 dei 167 seggi dell’Assemblea Nazionale.
Anche questa settimana numerose organizzazioni e settori sociali del paese hanno espresso il loro rifiuto verso i piani annunciati dall’opposizione, come quello di abrogare o modificare le leggi approvate a beneficio del popolo: le leggi sul lavoro (l’ aumento dei stipendi-base), la terra consegnata in usufrutto gratuito ai contadini poveri o con basso reddito, prezzi equi e la responsabilità sociale della radio e la televisione.
Inoltre, si opponevano all’iniziativa di promulgare una legge MUD per concedere l’amnistia ai leader politici condannati per il loro coinvolgimento diretto o indiretto nei tentativi di golpe di questi ultimi anni, o l’organizzazione di violente manifestazioni che hanno prodotto numerose vittime tra morti e feriti gravi.
La Casa Bianca aveva dichiarato a marzo che il Venezuela è “una minaccia insolita e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti”, una vera e propria dichiarazione di guerra contro la nazione latino-americana. Inoltre, per molti anni, Washington aveva stanziato ingenti risorse finanziarie per “potenziare la società civile” e aiutare la formazione di una nuova leadership politica, eufemismi destinati a nascondere i piani interventisti del potere egemonico e il suo desiderio di rovesciare il governo del presidente Maduro.
La guerra economica persistente lanciata dall’Impero e la sua implacabile campagna diplomatica e dei media per erodere la lealtà delle basi sociali del chavismo, ha prodotto anni di penuria, l’aumento sfrenato dei prezzi e l’aumento di insicurezza. Tutto questo ha generato innumerevoli violenze per le strade venezuelane.
In queste condizioni, unite agli errori grossolani nella gestione macroeconomica del partito di governo e la devastazione della corruzione, si è ricreato un nuovo “blocco-reazionario” che cerca di minare ed abrogare le valide conquiste sociali, ottenute in questi ultimi anni, al prezzo di innumerevoli sacrifici popolari. Il Venezuela è stata l’ultima vittima di questa scandalosa immoralità del nuovo “ordine mondiale”, mirante a concentrare sempre di più il potere-economico e mediatico in pochissime mani ed erodere ogni reale conquista sociale e civile, in ogni parte del mondo.