Con il Pentagono che stringe la cinghia, per le aziende americane che producono armi i conflitti che infiammano il Medio Oriente si stanno rivelando una vera ancora di salvezza, o meglio: una grossa opportunità. Negli ultimi tempi, le vendite hanno registrato un vero e proprio boom, accompagnato dal timore di una nuova esplosiva corsa agli armamenti in una regione dai delicati equilibri strategici. L’Arabia Saudita, ora impegnata in un’offensiva contro i ribelli sciiti in Yemen, ha speso solo lo scorso anno oltre 80 miliardi di dollari in armamenti.
Gli Emirati Arabi Uniti quasi 23 miliardi. E anche il piccolo Qatar, che non nasconde ambizioni regionali, ha firmato un accordo da 11 miliardi di dollari con il Pentagono per l’acquisto di elicotteri da combattimento Apache e sistemi di difesa antiarea Patriot, mentre spera anche di poter acquistare caccia F-15. Allo stesso tempo, gli Emirati vorrebbero concludere un accordo per l’acquisto di una flotta di droni Predator, che, seppur disarmati, lo renderebbe il primo Paese al di fuori della Nato a poterne disporre.
Gli Usa hanno a lungo posto restrizioni alla vendita di alcuni tipi di armi ai Paesi arabi, con l’obiettivo di mantenere la superiorità militare israeliana nella regione. Ma poichè ora Israele e Paesi arabi sono di fatto sullo stesso fronte per quanto riguarda la necessità di contenere l’Iran, questo orientamento, scrive il New York Times, sembra ora essere stato rivisto, con l’amministrazione Obama ben più incline a fornire agli alleati del Golfo moderni sistemi d’armamento.
Un orientamento rafforzato anche dalla decisione del presidente russo Vladimir Putin di revocare il bando alla vendita dei missili antiaereo S300 a Teheran. Una decisione, che secondo l’intelligence Usa, scrive ancora il Nyt, potrebbe alimentare l’interesse dei Paesi della regione per il nuovo costosissimo caccia F-35, che ha capacità stealth ritenute in grado di eludere i sistemi di difesa antiaerea russi. E lo ‘shopping’ arabo non riguarda solo le aziende americane.
A Beirut arriveranno le prime forniture di armi francesi finanziate dall’Arabia Saudita con tre miliardi di dollari – elicotteri Coguar, mezzi blindati per il trasposto di truppe e anche tre piccole corvette per il pattugliamento delle coste – con lo scopo di rafforzare le difese delle frontiere libanesi da possibili infiltrazioni dei miliziani dell’Isis. Allo stesso tempo, l’Arabia Saudita si preoccupa che le armi non vadano a finire in mano ai suoi avversari. Dal mese scorso, le sue navi da guerra pattugliano il Mar Rosso e il Golfo di Aden per imporre un blocco navale che intercetti eventuali forniture di armamenti in arrivo dall’Iran ai ribelli sciiti yemeniti Houthi. E anche gli Usa hanno in quelle acque una robusta presenza, ben sette unità da guerra, tra cui due incrociatori. Ma non partecipano al blocco imposto da Riad, ha affermato il Pentagono. È dal primo aprile che non bloccano un nave sospettata di trasportare armi.