Navi Pillay al New York Times: “Ecco perché Israele ha commesso genocidio a Gaza”


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L’ex giudice del Tribunale per il Rwanda, oggi a capo della Commissione ONU d’inchiesta, in un’intervista al New York Times accusa Tel Aviv del crimine più grave del diritto internazionale

Navi Pillay non è nuova alla parola “genocidio”. Nel 1995, su richiesta di Nelson Mandela, fu giudice al Tribunale penale internazionale per il Rwanda e condannò tre responsabili dello sterminio. Oggi, con la stessa gravità, torna a usare quel termine per definire quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza.

In qualità di presidente della Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sui Territori palestinesi occupati, istituita dal Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite, Pillay ha reso note le conclusioni di due anni di indagini. Tra il 7 ottobre 2023 e il 31 luglio 2025, Israele avrebbe messo in atto un piano genocidario contro la popolazione palestinese: oltre 64mila morti, tra cui 18mila bambini; aspettativa di vita precipitata da 75 a 40 anni; ospedali e scuole distrutti; fame e malattie usate come strumenti di guerra.

Oltre alla devastazione materiale, la Commissione individua prove chiare dell’intento. Dichiarazioni ufficiali – come quelle del ministro della Difesa Yoav Gallant, che definì i palestinesi “bestie umane”, o del presidente Isaac Herzog, che attribuì colpe all’intero popolo – unite a bombardamenti indiscriminati, blocco degli aiuti e assedio totale, rivelerebbero una strategia finalizzata a rendere Gaza inabitabile.

Pillay ricorda che la Convenzione del 1948 obbliga gli Stati a prevenire un genocidio fin dal momento in cui si manifesta il pericolo. Già nel gennaio 2024 la Corte internazionale di giustizia aveva avvertito di un rischio concreto a Gaza. “Non agire non significa neutralità, significa complicità”, afferma. Da qui l’appello a fermare le forniture di armi, garantire aiuti umanitari e utilizzare ogni strumento diplomatico per interrompere le uccisioni.

Pur riconoscendo il dolore degli israeliani per gli attacchi di Hamas, che il 7 ottobre 2023 provocarono 1.200 vittime e decine di ostaggi, Pillay insiste: “Nessun crimine giustifica un genocidio”. Ogni violazione, sottolinea, deve essere giudicata secondo il diritto internazionale senza eccezioni.

Il paragone con il Rwanda è inevitabile. Allora la comunità internazionale fallì nel prevenire lo sterminio. Oggi, avverte Pillay, rischia di ripetere lo stesso errore a Gaza. La promessa “Mai più”, nata dopo l’Olocausto, non può essere selettiva: “Ogni genocidio è un banco di prova della nostra umanità comune”.


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