(Roma. Stefano Levoni) – Un libro per capire i controversi eventi del Medio e Vicino Oriente e gli importanti avvenimenti che hanno caratterizzato il Mediterraneo nel corso dell’ultimo anno. “Middle East. Le politiche del Mediterraneo sullo sfondo della guerra in Siria” (Arkadia Editore, 272 pagine, 16 euro)”, curato dal giornalista Raimondo Schiavone e scritto, tra gli altri, con i giornalisti Giulietto Chiesa, Alessandro Aramu e Talal Khrais, il politologo Pino Cabras e il responsabile esteri di Hezbollah Ammar al-Moussawi, è un saggio che descrive scenari e situazioni di grandissima attualità in una delle zone più calde del pianeta. La prefazione è di Alberto Negri, inviato del Sole 24 Ore e reporter di guerra.
Il volume tenta di rispondere, grazie alla presenza di autorevoli interventi di firme prestigiose, a una serie di interrogativi, a partire dal ruolo che potranno giocare i Paesi del Mediterraneo alla luce degli ultimi sconvolgimenti internazionali. Geopolitica, interessi strategici e finanziari, Middle East è un racconto che parte dalle rivolte arabe per giungere ai nostri giorni.
Il libro, distribuito in tutta Italia dal 1 luglio, è stato presentato in anteprima a Roma, nella libreria Fanucci. Erano presenti Alberto Negri e gli autori Raimondo Schiavone e Alessandro Aramu.
“La guerra in Siria – sottolinea Raimondo Schiavone, curatore del volume – in pochi anni ha cambiato gli equilibri politici in una regione molto vasta geograficamente. La nostra attenzione si è concentrata, in particolare, su quei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, quel “mare tra le due terre” che è tornato sotto i riflettori dell’opinione pubblica a seguito delle cosiddette “primavere arabe”. Middle East è uno sguardo sugli eventi politici che hanno contrassegnato una parte dei paesi che si affacciano su questo specchio d’acqua ricco di storia millenaria. Un viaggio attraverso il mondo arabo mediterraneo, con le sue complessità religiose e sociali. Un percorso che dalla Tunisia – continua Schiavone – è arrivato fino alla Turchia, dentro le contraddizioni di un Paese che sotto la guida di Erdoğan ha rivelato sempre più i suoi celati toni autoritari, rinunciando a mostrare quello spirito di apertura che l’aveva caratterizzato negli anni precedenti. In questo saggio si parla anche dell’Ucraina e del nuovo ruolo della Russia in una visione multipolare del mondo”.
All’indomani dello scoppio delle rivolte arabe, il grande bacino del Mediterraneo, con il suo alternarsi di fenomeni cooperativi e conflittuali, si presenta al centro di un processo storico che vede coinvolti grandi attori internazionali. Mentre lo status quo geopolitico post-guerra fredda entra in crisi, assistiamo al riposizionamento di un nuovo equilibrio e all’emergere di nuovi soggetti. In questo quadro, anche la vecchia Europa inizia a rinegoziare la sua posizione cercando di cogliere le opportunità offerte dal mare tra le due terre. Sullo sfondo, la guerra in Siria, prezioso banco di prova per le grandi potenze. E, ancora, il movimento Hezbollah, attore determinante di questo instabile scenario. Da qui, dunque, sorge anche la riflessione sulle strategie dei media, veicoli di informazioni, idee e concetti, spesso precostituiti e calati dall’alto. E, a proposito di Mediterraneo, il volume non poteva tralasciare il dibattito sull’emergenza immigrazione e i tanti interrogativi sulle prospettive di cooperazione tra le due sponde.
Per il giornalista Alessandro Aramu, direttore della rivista di Geopolitica SpondaSud, che ha curato la parte sul Libano e sul ruolo di Hezbollah nel conflitto siriano e nello scacchiere internazionale, “la presenza del partito sciita libanese al fianco del presidente Assad ha impedito di trasformare l’intero Medio Oriente in un teatro di guerra permanente. Le tensioni, fortissime, sono sotto gli occhi di tutti ma oggi l’Occidente non può più rivendicare il diritto di mettere mano su ogni parte del mondo in cui presume di avere diritti e interessi economici. La visione multilaterale delle dinamiche internazionali e degli Stati, impone che non ci sia più un solo soggetto (gli Stati Uniti e i suoi alleati) a decidere le sorti del pianeta”.
“C’è infatti un altro mondo che, con una propria visione, – continua Aramu – reclama spazi, anche di autodeterminazione, che rifuggono dall’idea che esista un solo modello di democrazia da esportare e da imporre con la forza. Quel modello oggi è fallito. Lo dimostrano le “primavere arabe”, dove l’intervento diretto e indiretto, delle potenze occidentali ha generato confusione, instabilità, violenze e terrorismo. Egitto e Libia, dopo i giorni della “rivoluzione”, hanno vissuto i momenti peggiori della loro storia recente. La caduta dei cosiddetti dittatori, così come vengono definiti dal mondo occidentale – non ha portato nulla di buono sia sul piano interno che su quello estero. Oggi il Nord Africa è una polveriera pronta a scoppiare, alcune aree sono controllate dagli estremisti islamici e sono il bacino di reclutamento preferito di Al-Qāʿida. Basta pensare a quello che sta accadendo in Iraq. Nel nostro precedente libro (Syria) lo avevamo preannunciato: i fatti dimostrano che non eravamo dei visionari”.
Ne è convinto anche Alberto Negri, uno dei più importanti reporter di guerra italiani, un giornalista che negli ultimi 35 anni di professione ha raccontato quasi tutte le guerre che sono scoppiate ne pianeta: “La disgregazione di Iraq e Siria è cominciata nel momento in cui l’11 settembre del 2001 Al-Qāʿida fece crollare le Torri di New York e gli Stati Uniti iniziavano la guerra al terrorismo. L’Iran offrì allora la sua collaborazione agli Stati Uniti intuendo che un intervento americano in Afghanistan avrebbe dato il via alla distruzione di un’intera regione: una vittoria militare e politica a Kabul era quasi impossibile, come aveva dimostrato il passato, e avrebbe spinto Washington a tentare una rivincita prendendo di mira altri regimi mediorientali”.
“Prima – ricorda l’inviato de Il Sole 24Ore – è stata la volta dell’Iraq nel 2003, poi della Libia nel 2011 quindi della Siria nel 2013, quando l’America è stata frenata nei suoi propositi di attaccare Damasco dalla Russia di Vladimir Putin che con la proposta sul disarmo dell’arsenale chimico siriano ha lanciato una ciambella di salvataggio al presidente Barack Obama, evitandogli decisioni fatali”.
Middle East, tra la cronaca giornalistica e l’analisi geopolitica, cerca di spiegare gli eventi che hanno scosso anche una parte dell’ex Unione Sovietica, solo apparentemente lontani dai fatti siriani. Una dorsale lunga migliaia di chilometri, difficile da raccontare anche per chi è abituato a farlo di mestiere, come i giornalisti e gli studiosi che hanno partecipato alla stesura di questo saggio corale. Il volume vuole porsi come un momento di riflessione sul Medio Oriente e sulla sponda sud del Mediterraneo attraverso un excursus di opinioni e punti di vista sui temi della geopolitica, dell’informazione, della controinformazione e dell’immigrazione.