La città di Palmira, finita nelle mani dei jihadisti dello Stato Islamico (Is), è una delle più antiche della regione. Le notizie sulla sua esistenza risalgono al XIX secolo a.C. quando era conosciuta e citata negli antichi documenti con il nome di Tadmor o Tamar, come è chiamata nella Bibbia che la ricorda come fortificata da Salomone. Per oltre un millennio, però, sulla città cala il silenzio, fino alla conquista da parte dei Seleucidi che, nel 323 a.C. prendono il controllo della Siria. Palmira si mantiene indipendente fino a circa il 19 a.C., nonostante ormai il Paese fosse nelle mani dei Romani. È sotto il regno di Tiberio e poi di Nerone che la città viene annessa all’Impero.
Plinio il Vecchio ne racconta le ricchezze del suolo e l’importanza che essa ricopre all’epoca nei commerci tra Roma e l’Oriente, soprattutto Cina, India e Persia. Nel II secolo d.C. Adriano la visita e la proclama città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana. Tra la fine del II e l’inizio del III secolo, Settimio Severo o il suo successore, il figlio, Caracalla, concede a Palmira lo statuto di città libera. È nel III secolo che la città diventa famosa sotto il regno della regina Zenobia e del figlio Vaballato, che sognano di formare un impero d’Oriente da affiancare a quello di Roma.
La mitica regina, infatti, inizia a ribellarsi al potere della città eterna e conquista Egitto, Palestina e Arabia, spingendosi fino alla Cappadocia e alla Bitinia. Ma la proclamazione di Aureliano a imperatore pone fine alle ambizioni di Zenobia e del figlio. Palmira viene conquistata, abbandonata e diventa base militare per le legioni romane. Dopo un periodo di nuova fioritura con l’impero bizantino, la città va in rovina sotto il dominio arabo. Dal punto di vista archeologico, la città è ricca di necropoli, santuari, terme e ha un museo, fondato nel 1961, che custodisce reperti di altissimo valore.