Sono iniziati, senza la presenza dei fedeli iraniani, i riti del grande pellegrinaggio alla Mecca. Le autorità di Teheran, per la prima volta in 30 anni, hanno vietato ai cittadini di andare in haji, sfidando la gestione saudita dell’organizzazione del pellegrinaggio dopo la calca del 2015 costata la vita a 464 iraniani. Il bilancio fece salire alle stelle le tensioni tra Teheran e Riad, riemerse in questi giorni con roventi dichiarazioni da entrambe le parti. Tensioni in realtà mai sopite, nonostante i più volte dichiarati tentativi di riavvicinamento da parte iraniana, e alimentate dal fatto che Iran e Arabia Saudita sono potenze rivali e su fronti opposti nei conflitti dell’area, dalla Siria allo Yemen e all’Iraq.
A riattizzare nei giorni scorsi il fuoco mai spento la Guida suprema iraniana Ali Khamenei. Dopo la strage, ha detto, i musulmani nel mondo devono trovare una soluzione per la gestione delle due città sante di Medina e Mecca, per porre fine ai problemi creati dai sauditi. Khamenei ha addirittura accusato Riad non solo di cattiva gestione del pellegrinaggio, ma di aver materialmente ucciso molti pellegrini feriti ammassandoli con i morti. I regnanti sauditi, che hanno impedito quest’anno ai pellegrini iraniani di accedere alla Casa di Dio – ha accusato ancora Khamenei, legano la loro sopravvivenza al trono alla “difesa delle arroganti potenze mondiali” e ad un’alleanza con Israele e l’America, “sforzandosi di venire incontro alle loro richieste, e non si vergognano di compiere per questo alcun atto di tradimento”.
Secondo il presidente iraniano Hassan Rohani, i sauditi dovrebbero subire misure punitive da parte degli altri Paesi islamici per rendere possibile “un vero Hajj”. Il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif, da parte sua, ha detto che “non vi è alcuna somiglianza tra l’islam degli iraniani e della maggior parte dei musulmani, e “l’estremismo bigotto che predicano gli alti clerici wahabiti ed i maestri sauditi del terrorismo”.
Ogni anno nella città saudita convergono milioni di pellegrini. Il pellegrinaggio alla Mecca è il quinto pilastro dell’Islam ed è un atto obbligatorio che però può essere compiuto solo a determinate condizioni. Ogni musulmano ha l’obbligo di recarsi alla Mecca almeno una volta nella vita se i suoi mezzi lo consentono.
Il pellegrinaggio si svolge tra l’ottavo e il tredicesimo giorno del mese diDhu l-hijjah. Esso costituisce un evento importante nella vita del credente, rappresentando un mezzo di purificazione. Nel viaggio verso e attorno la casa di Dio l’uomo chiede perdono per i suoi peccati e viene purificato attraverso il suo pentimento e la celebrazione dei riti. Il musulmano, dopo il pellegrinaggio, porta il titolo meritorio di Hajji, e dovrebbe tendere verso una vita devota. Il pellegrinaggio alla Mecca è anche un valido sistema di integrazione sociale. Il luogo del pellegrinaggio è la grande moschea della Mecca che comprende la Ka’bah e la fonte di Zamzam.