(Sarbaz Roohulla Rezvi) – Il cosiddetto “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante” non è interessato a combattere il Sionismo; vuole annientare Hamas. Non sorprende perciò che non si sia pronunciato contro i recenti crimini sionisti a Gaza.
“Costruiremo questo emirato islamico a costo di sacrificare le nostre vite e in esso instaureremo la Shari’ah – così da provare nuovamente la gioia di vivere secondo la legge islamica – e giuriamo su Allah che obbediremo ai Suoi ordini e che eviteremo quelle azioni che Egli ci ha ordinato di evitare”.
In questo modo si espresse Abdul-Latif Moussa nella moschea Ibn-Taymiyah a Rafah, nella parte meridionale di Gaza, cinque anni fa. Era il 14 agosto 2009, un venerdì. Anche conosciuto come Abu al-Noor al-Maqdasi, Moussa parlò mentre dietro di sé campeggiavano, vestiti di nero, uomini armati appartenenti a Jund Ansar Allah (Soldati dei Seguaci di Dio). Egli annunciò la creazione di “Al-Imarat al-Islamiyah fi Aknaf Beytul Maqdas”, altrimenti noto come “Emirato Islamico a Gerusalemme”, del quale si dichiarò il primo emiro.
Jund Ansar Allah è un movimento takfiri fondato a Rafah nel 2008. Tra dicembre del 2008 e gennaio del 2009, nel corso della guerra israeliana a Gaza, questo movimento affermò che, al pari di Israele, anche Hamas non rispetta i dettami dell’Islam e che perciò non c’è differenza fra la resistenza islamica e l’occupante sionista. I membri del movimento sollevarono la questione dell’applicazione superficiale della Shari’ah da parte di Hamas e del suo lassismo nei riguardi della legge islamica e usarono questo argomento come pretesto per la loro opposizione a Hamas, che venne considerato come un governo laico.
Le tensioni fra Jund Ansar Allah e Hamas sfociarono per la prima volta in uno scontro armato quando nel luglio del 2009 la polizia di Hamas attaccò uno dei loro nascondigli. Sebbene Jund Ansar Allah abbia condotto qualche operazione contro Israele, la maggior parte di esse fu poco efficace e non coronata dal successo. In seguito i membri di Jund Ansar Allah incominciarono a prendere di mira alcuni luoghi pubblici di Gaza, come gli internet-cafè, a causa di ciò che loro chiamavano “diffusione di tematiche immorali”.
In seguito alla dichiarazione pubblica del leader Abdul-Latif Moussa, Jund Ansar Allah trasformò la moschea Ibn Taimiyah nel suo quartier generale. Come risposta, Hamas circondò la moschea e chiese ai membri del movimento di arrendersi; ma essi rifiutarono. Hamas tentò di negoziare mandando Muhammad Jibril al-Shemali, uno dei comandanti delle Brigate Izz Al-Din Qassam, ma i membri di Jund Ansar Allah lo uccisero appena entrato nella moschea. Seguì una battaglia di sette ore con un massiccio impiego di artiglieria da entrambe le parti. La moschea venne distrutta e tutti i membri di Jund Ansar Allah furono uccisi. Anche Hamas patì ingenti perdite.
Abdul-Latif Moussa venne ucciso in un attacco suicida di un membro di Jund Ansar Allah. Questo particolare incidente scatenò fra i takfiri una forte rabbia nei confronti di Hamas. Essi fecero passare l’accaduto come il massacro di quei mujahedin i cui compagni di lotta stavano combattendo in Iraq, in Afghanistan e in Somalia.
Quando, anni dopo, i guerriglieri dell’ISIS penetrarono in Siria e invitarono migliaia di “jihadisti” da tutto il mondo a unirsi a loro, i pochi palestinesi che si unirono all’ISIS scelsero per sé il nome di “Brigate Abu al-Noor al-Maqdasi”.
La divisione tra Hamas e i takfiri è basata sulle loro differenze ideologiche, oltre che sulla distanza rispetto agli obiettivi strategici e alle priorità. Hamas, in qualità di branca palestinese dei Fratelli Musulmani, a dispetto delle tendenze salafite al suo interno e confidando nella lotta armata come una delle opzioni per la liberazione della Palestina, si distingue dai gruppi takfiri. Infatti, Hamas, come Hezbollah, crede che l’unico bersaglio della lotta debbano essere le forze di occupazione sioniste.
Dall’altra parte, i takfiri pensano che la priorità sia “ripulire” la Umma (comunità islamica, ndr) dal lassismo e dai leader corrotti. Di conseguenza, essi non intervengono nei confronti dell’aggressione e dei crimini israeliani. L’ideologia takfiri, però, ha manifestato la sua posizione su Gaza rispetto alla recente guerra, iniziata solo alcune settimane dopo l’attacco dell’ISIS contro Mossul in Iraq (il 10 giugno). L’ISIS, infatti, non si è limitato a tacere rispetto alla guerra di Gaza, ma, in maniera ufficiosa, ha bollato come illegale la resistenza all’aggressione sionista a Gaza!
I takfiri hanno una concezione semplicistica dei principi islamici. Essi credono che il jihad possa essere combattuto solo sotto l’egida di un emiro o di un califfo. Benché questo sia corretto, ciò che dimenticano di considerare riguarda il modo in cui un emiro o un califfo debba essere scelto. Chiunque può dichiararsi califfo? Ci sono delle qualifiche per assumere questo ruolo? Quali sono le regole e i meccanismi in base ai quali una persona viene elevata al rango di califfo? I takfiri tacciono del tutto su questi argomenti. Ciò che si limitano a dire è che se un movimento non è guidato da un califfo, allora non è islamico!
A partire da questa concezione semplicistica, essi sostengono che la lotta dei palestinesi e del popolo di Gaza è illegittima, non essendo guidata da un emiro o da un califfo. Talat Zahran, il ben noto predicatore takfiri egiziano, ha dichiarato che la lotta di Hamas contro Israele non ha valore perché non si rifà a un emiro. Allora, se si dovesse seguire la logica takfiri, i sauditi costituirebbero la nazione più “islamica” del mondo dal momento che hanno un re, che essi considerano il loro wali al-amr (colui che è deputato a prendere le decisioni).
Hamas ha ripetutamente proclamato la distanza fra le sue basi ideologiche e il pensiero takfiri. Durante un’intervista rilasciata a Tasmin News, Osama Hamdan, il membro più in vista del politburo di Hamas, ha affermato: “La posizione di Hamas sulla questione della coesione islamica è di una chiarezza cristallina. Noi costituiamo una sola Umma e questa Umma deve avere un solo atteggiamento nei confronti dei suoi nemici. Chiunque dissemini tendenze settarie al suo interno sta dando fuoco alla sua stessa casa, all’Islam. Noi di Hamas crediamo che il principale obiettivo della nostra lotta sia costituito dal regime sionista supportato dagli USA e che questo sia l’unico vero obiettivo. Chiunque rifletta sui musulmani e sull’Islam, chiunque li supporti e tenti di favorirne la causa, dovrebbe compiere atti concreti contro il nemico sionista, perché questo è il principale obiettivo della lotta”.
Discutendo il tema delle relazioni fra Hamas e alcuni gruppi takfiri come l’ISIS, il dottor Khaled Qadoomi, rappresentante di Hamas in Iran, ha sottolineato: “E’ possibile che alcuni membri dell’ISIS abbiano fatto parte di Hamas in passato e che poi abbiano abbandonato questo movimento, ma non c’è spazio per l’estremismo nell’ideologia di Hamas… noi vorremmo che l’ISIS, invece di puntare le sue armi contro i musulmani, le puntasse contro gli occupanti sionisti”.
Le strette relazioni intercorrenti fra Hamas, la Repubblica Islamica dell’Iran e Hezbollah, a prescindere dai diversi punti di vista sulla Siria, è un’altra delle ragioni che i takfiri hanno addotto per motivare i loro duri attacchi contro Hamas. La Repubblica Islamica dell’Iran, uno dei più potenti paesi dell’Asia occidentale, si distingue come l’unico stato che abbia ufficialmente supportato la resistenza armata palestinese e che abbia apertamente dichiarato la volontà di armare la resistenza nei territori palestinesi. Il Rahbar, l’Imam Seyyed Ali Khamenei, nel suo sermone durante le preghiere per l’Eid ul-Fitr (29 luglio 2014) ha annunciato: “il presidente americano ha causato una ‘fatwa’ dicendo che la resistenza dovrebbe essere disarmata. Naturalmente, è ovvio che voi vogliate che sia disarmata, in modo che non possa rispondere con nessun colpo a questi crimini. Ma noi sosteniamo che dovrebbe accadere il contrario. Il mondo intero – in particolare il mondo islamico – dovrebbe fornire ai palestinesi quante più armi sia possibile [così da permettere loro di combattere contro gli occupanti sionisti]“.
La realtà è che il blocco di resistenza, costituito soprattutto assieme all’Iran islamico, è l’unica alleanza che abbia supportato la resistenza palestinese, se si escludono il mero rifornimento di cibo e gli aiuti medici. La relazione fra Hamas e l’Iran è radicata nella medesima ideologia islamica taqribi (unione tra sciiti e sunniti), supportata dall’Imam Hasan al-Banna e da altre influenti figure dei Fratelli Musulmani. A partire da questa base comune essi considerano l’imperialismo statunitense e il sionismo i principali nemici della Umma.
L’aggressione israeliana a Gaza e la causa palestinese hanno ancora una volta consentito di distinguere il bene dal male e hanno mostrato come la mera mobilitazione nel nome di una “jihad globale”, abbandonando la vita normale, non abbia alcun valore nell’Islam. Infatti, una battaglia che divida la Umma e che favorisca i nemici dell’Islam, anche se erroneamente definita “jihad”, non solo non è di alcun valore, ma porterà a commettere gravi peccati.
(Sarbaz Roohulla Rezvi, originario dei territori del Kashmir soggetti all’occupazione indiana, è impegnato nella causa della liberazione palestinese come lo è riguardo al Kashmir)
Traduzione di Lorenzo Emanuel
Fonte italiana: Infopal