(Alberto Negri) – L’Italia con l’Egitto ha un interscambio di 5 miliardi di euro l’anno, un quarto di quello con la Turchia, circa 20, mentre con l’Iran, dove va Renzi martedì, l’Italia ha attualmente un interscambio di 1,5 che può passare in un anno a 3 e in un paio d’anni a 7. L’ultima riunione con Al Sisi su investimenti e commesse italiane è stato negativo: l’Egitto ha chiesto all’Italia di mettere i soldi, cioè di trovare le garanzie per finanziarie le imprese italiane: “Noi i soldi non li abbiamo”, ha detto chiaramente il generale-presidente. Per altro questa è una litania che ripetono molti partner dell’Italia, carente nel sistema bancario e delle coperture sovrane con Paesi in difficoltà di bilancio. Le aziende tessili italiane in Egitto sono state costrette a rivolgersi al Pakistan anche per gli acquisti di cotone perché quello egiziano è ormai di pessima qualità.
Quanto all’Eni si tratta di un investimento da almeno 4 miliardi di dollari per rendere operativo il giacimento di Zhor: i diritti di esplorazione sono in mano alla società italiana e un cambio di operatore costerebbe al Cairo troppi soldi. Quindi fatevi due conti sugli interessi italiani in Egitto consistenti ma non strategici, a parte l’Eni. Sul canale di Suez non siamo in prima linea ma casomai sub-appaltatori. Armi: forniamo all’Egitto armamenti leggeri mentre navi, aerei, e altro sono americani, francesi e russi.
L’errore di prospettiva è stato fatto da questo governo che ha sdoganato l’anno scorso Al Sisi nella speranza di fare affari e di avere un partner in Libia dove l’Egitto, sostenendo Tobruk e il general Haftar, è un concorrente come ripetuto mille volte e come risulta adesso assai chiaro dopo l’insediamento a Tripoli di Sarraj.
Quando l’anno scorso si scriveva che Al Sisi era andato al potere con un colpo di stato la stampa mainstream italiana, sempre pronta a genuflettersi, evitava il termine, ora lo usa piene mani. Continuate a dormire sonni tranquilli aspettando la “verità” su Regeni.
Alberto Negri è inviato del Sole 24Ore