Il primo atto di politica estera della presidenza Biden in Medio Oriente è formalmente un atto di guerra. I cacciabombardieri americani hanno sferrato un attacco nell’est della Siria contro una postazione di frontiera controllata dalle milizie irachene filo-iraniane Kataib Hezbollah e Kataib Sayyid al-Shuhada che in questi anni hanno avuto un ruolo centrale nella sconfitta dell’ISIS nei due paesi. L’operazione militare avrebbe ucciso 22 miliziani e distrutto anche alcuni camion con a bordo munizioni.
A dare l’ordine è stato il presidente in persona in risposta al lancio di missili che lo scorso 15 febbraio ha preso di mira le postazioni americane nella base aerea Balad a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, in cui ha perso la vita un contractor filippino e altri sono rimasti feriti (tra loro un soldato americano). Di recente, anche l’ambasciata statunitense a Baghdad in Zona Verde è stata presa di mira da un attacco militare.
La Casa Bianca non ha dubbi: gli autori sono i gruppi armati sciiti iracheni legati a Teheran. Le Kataib Hezbollah, potentissime a Baghdad, del resto erano già state prese di mira dagli Stati Uniti il 3 gennaio 2020 quando un raid aereo uccise sia il generale iraniano Suleimani che il segretario generale delle brigate sciite irachene Abu Mahdi al Muhandis.
Iran, il doppio binario di Joe Biden
L’Iran degli Ayatollah è il vero obiettivo della dura risposta militare voluta dal successore di Trump. Nei confronti della Repubblica Islamica Joe Biden ha già fatto capire di voler usare un doppio binario, diplomatico e militare. Il primo punta a riaprire il negoziato sul programma nucleare insieme agli alleati europei nell’ambito del gruppo5+1 (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Germania). Una mano tesa che, però, non piace a Israele che, dal suo canto, pretende dall’amministrazione americana una maggiore pressone militare sull’Iran e sui suoi alleati nella regione. Ed è così chela macchina militare americana rimane in stato di allerta. L’attacco in Siria, del resto, è un esempio lampante di ciò che potrà accadere nei prossimi quattro anni, con il presidente Biden che parla di impegno contro «le attività destabilizzanti dell’Iran in Medio Oriente».
Ritorna l’interventismo americano in Medio Oriente
L’attacco in Siria segna un deciso cambio di rotta della politica americana in Medio Oriente: dal formale disimpegno dell’amministrazione Trump si ritorna al protagonismo che aveva caratterizzato buona parte della presidenza Obama, soprattutto in Siria. Come ha ricordato l’analista militare Carlo Jean, Biden «non ha voluto reagire tanto agli attacchi in Iraq, ma lanciare un ammonimento a Teheran, “mostrando i muscoli” e dicendogli di non sperare di ammorbidire gli USA e di indurli a concessioni, attaccando le loro forze. È la classica manovra dell’“escalation to des-escalete” utilizzata nei preliminari di ogni negoziato per aumentare le proprie bargaining chips». In termini più ampi, gli Stati Uniti stanno tentando di ripristinare un ruolo geopolitico in un’area che oggi è completamente dominata dalla presenza della Russia e della Turchia, a spese dell’Arabia Saudita, storico alleato di Whashington, che vive una profonda crisi di credibilità internazionale a seguito dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.
Siria: raid contrario al diritto internazionale
Le reazioni all’attacco militare non si sono fatte attendere. Durissima la presa di posizione del governo siriano che ha condannato con forza «il vile attacco americano». In un comunicato del Ministero degli Esteri di Damasco, citato dall’agenzia governativa Sana, si afferma inoltre che l’attacco statunitense è un «segnale negativo in contrasto con il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite» e che «porterà a un inasprimento della tensione nella regione».
Teheran: un atto illegale
Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh ha affermato: «Questi attacchi illegali sono una chiara violazione del diritto internazionale e dell’integrità territoriale della Siria». Per Teheran i raid aumenteranno solo le tensioni in un paese dilaniato dalla guerra e mineranno gli sforzi di pace.