(Francesco Gori) – L’unico fatto sicuro è che la scorsa notte, come reazione agli attentati di Parigi, la Francia ha condotto raid aerei sulla città di Raqqa, capitale del sedicente Stato Islamico in Siria. Tutto il resto è avvolto dalla nube dell’incertezza, in un terreno scivoloso dove l’informazione lascia spazio alla propaganda. Ogni parte in causa gioca la propria partita, anche dal punto di vista mediatico. La Francia assicura di aver colpito obbiettivi sensibili: campi di addestramento dell’IS e pozzi petroliferi nelle mani dei terroristi. I raid aerei, la notizia è stata confermata dal ministero della Difesa parigino, sono almeno 30. Tra i civili non ci sarebbe nessuna vittima.
Il ministero della Difesa francese ha parlato di 10 jet impegnati nell’azione militare: “Il primo obiettivo distrutto veniva utilizzato dall’Isis come posto di comando, centro di reclutamento dei jihadisti e deposito d’armi e munizioni. Il secondo obiettivo ospitava un campo di addestramento terrorista”, ha affermato il ministero. Le “infrastrutture operative dello Stato islamico” sono state “distrutte” in due raid “alle 19:50 e alle 20:25”.
Parigi ha inoltre sottolineato che l’operazione si è scagliata contro obiettivi “identificati in precedenza” dalle missioni di ricognizione condotte dall’aeronautica militare francese. “L’operazione è stata condotta in coordinamento con le forze americane”. Altri particolari sono stati forniti dal Wall Street Journal, per il quale gli Stati Uniti stanno fornendo alla Francia dati di intelligence per i raid in Siria.
Lo Stato Islamico ha risposto con un comunicato, letto da un conduttore radiofonico nell’edizione mattutina del radiogiornale di Bayan, l’emittente che ogni giorno diffonde notizie dal sedicente califfato: secondo i terroristi i raid hanno colpito soltanto luoghi deserti e non hanno causato vittime: “Ci sono stati 30 raid aerei francesi nella provincia di Raqqa ma questi hanno colpito solo posizioni vuote e non si sono registrati feriti tra i combattenti”.
Una terza versione è stata fornita dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel Rahman, un’organizzazione con sede a Londra e vicina all’opposizione armata anti Assad, una fonte non indipendente e scarsamente attendibile per la sua consuetudine a diffondere notizie a senso unico: favorevoli ai cosiddetti ribelli e contrarie al governo di Damasco. L’Osservatorio parla di 36 raid su Raqqa, una città che l’IS sta cercando di svuotare attraverso lo spostamento di combattenti e di civili in altre parti della Siria che si ritengono più sicure”.
Sul campo l’IS avrebbe anche una nuova minaccia, quella delle Brigate rivoluzionarie di Raqqa, un movimento di “ribelli” siriani alleato con le Unità di protezione del popolo curdo Ypg. L’obiettivo, secondo quanto dichiara l’osservatorio, è quello di andare a allo scontro diretto con l’Is in città.
Gli attivisti anti-Isis di Raqqa. fornendo dunque una quarta versione, affermano che la gran parte dei centri nevralgici dello Stato islamico “sono stati bombardati”. Secondo un esponente dell’opposizione siriana, che vive con la famiglia a Raqqa, alla popolazione locale è stato detto di trasferirsi: “I civili che vivono vicino alle basi dell’Is o della polizia religiosa sono stati mandati via», ha detto al telefono, spiegando che la situazione a Raqqa è peggiorata dall’avvio dei raid della coalizione militare a guida Usa e della Russia, che dal 30 settembre ha iniziato i bombardamenti in Siria.
Una quinta versione, vicina al Governo di Damasco, parla della distruzione di una centrale elettrica che avrebbe lasciato al buio gran parte della città di Raqqa, gettando nel panico la popolazione. La notizia è stata confermata anche da attivisti dell’opposizione ad Assad. Secondo questa versione, che trova conferme anche da altre fonti, i raid avrebbero procurato vittime anche tra i civili. La notizia non è in alcun modo verificabile. Come del resto le altre.