Sono sempre più tesi i rapporti tra Libano e Israele. Il paese dei cedri ha affermato che nelle ultime ore numerosi aerei da guerra israeliani abbiano sorvolato le regioni Nabatyeh, Iqlim al Tuffah, Metn, Rashaya, la Bekaa occidentale, il monte Hermon e l’area delle fattorie di Sheeba. Con tutta probabilità si tratta degli stessi velivoli che poco dopo hanno colpito le postazioni dei Guardiani della rivoluzione iraniana in Siria, nell’area dell’aeroporto militare della base T4 e sulla città di Palmira, nella provincia di Homs. Un attacco, non ancora rivendicato, avvenuto dopo la visita a Damasco del ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, che è stato ricevuto dal presidente siriano, Bashar al Assad.
Nei giorni scorsi, l’esercito israeliano aveva riferito di danni subiti dalla recinzione metallica di confine con il Libano in diverse località, ritenendo responsabile dell’accaduto il movimento sciita libanese Hezbollah. Israele ha invitato Beirut a esercitare la propria responsabilità e ha annunciato che presenterà una lettera di protesta al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Dopo aver rinvenuto segni di manomissione della barriera, le Forze di difesa israeliane hanno lanciato delle granate illuminanti in diversi punti della “blue line”, in particolare nelle aree di Meiss el Jabal, Yaroun e Ayta Ash-Shab, nel Libano meridionale.
L’episodio ha portato il comandante della missione di interposizione delle Nazioni Unite nel sud del Libano (Unfil), generale Stefano Del Col, a contattare sia le Idf che le Forze armate libanesi (Laf), esortandole a esercitare la “massima moderazione per ridurre la tensione e ripristinare la stabilità lungo la blue line”
La “blue line” è la linea di demarcazione entro cui si sono ritirate le forze israeliane nel 2000. Un ulteriore motivo di attriti tra Beirut e Gerusalemme è stato rappresentato dalla distruzione di un veicolo civile libanese in territorio siriano lo scorso 13 aprile. Secondo alcune fonti, l’automobile avrebbe trasportato miliziani di Hezbollah.
CRISI ECONOMICA
Sul versante economico, anche a causa dell’emergenza causata dal diffondersi del Covid-19, si prospetta un anno nero per il Libano: secondo quanto risporta il World economic outlook del Fondo monetario internazionale (Fmi), il paese vedrà la peggiore recessione economica dalla fine della guerra civile: il prodotto interno lordo libanese è stimato in flessione del -6,5 per cento nel 2019, e per il 2020 le previsioni indicano una flessione del -12,0 per cento. L’indice dei prezzi al consumo passerà dal 2,7 per cento registrato mediamente nel 2019 al 17 per cento nel 2020. Anche per questa voce non sono presenti le stime dell’Fmi. L’Fmi prevede inoltre che nell’anno corrente il Conto delle partite correnti si attesterà al -12,6 per cento dal -20,6 per cento del Pil registrato nel 2019.
IL DEPREZZAMENTO DELLA MONETA
Intanto, secondo quanto riporta il portale d’informazione “Naharnet”, negli sportelli di cambio libanesi, la valuta nazionale è ormai scambiata con il dollaro statunitense con un rapporto di 3 mila a uno. Il tasso di cambio ufficiale fissato dalla Banca centrale è di un dollaro per 1.507 lire libanesi. Il deprezzamento della valuta nazionale è dovuto alla penuria in Libano di moneta statunitense, utilizzata nel paese dei cedri alla stregua di una valuta parallela anche nelle transazioni quotidiane.
Lo scorso 9 marzo, il Libano è andato ufficialmente in default, dopo aver annunciato di non poter rimborsare le obbligazioni in valuta straniera pari a un valore di 1,2 miliardi di dollari.
L’inadempienza del pagamento verso i creditori rappresenta l’apice di una crisi economica che il Libano attraversa già dal 2017 e acuita nel secondo semestre del 2019 a causa della progressiva erosione delle riserve di valuta estera che ha avuto un impatto sul potere d’acquisto dei cittadini.
(redazione)