(Piero Spinucci) – Le urla degli uomini al mercato nero dei cambi, provenienti da più punti di Piazza Sabzeh, fanno da anticamera all’ingresso nel Gran Bazar di Teheran. Dentro, come formiche impazzite, rimbalzano da un negozio all’altro di spezie, tessuti, stoffe, cianfrusaglie e pentole, migliaia di persone, che sfilano via veloci lungo il dedalo di viuzze in cerca dell’affare di giornata. È il mercato più grande dell’Iran. I facchini spostano a ritmi vertiginosi le loro merci da un punto all’altro, i clienti contrattano sui prezzi, ovunque spuntano banchetti con in vendita barbabietole caramellate, il dolce di stagione di cui gli iraniani sono ghiotti. Ci sono i soldi, che girano, e non manca la politica: nessuno si tira indietro se gli viene chiesto di parlare del momento attuale, delle previsioni che la revoca delle sanzioni avrà sull’economia reale, dell’operato del governo, da molti giudicato positivamente.
«Lavoro al bazar da 45 anni, da sempre ci sono alti e bassi, ma speriamo che questa volta le cose cambino veramente», dice Ali Asghar Shokoohian, che davanti a una montagna di tessuti sgargianti si mostra ottimista sulla ripresa economica della Repubblica islamica una volta che sarà tolta la zavorra delle misure restrittive.
Shokoohian spiega di essere d’accordo con la politica del presidente Hassan Rohani, il moderato che con una svolta decisa rispetto al passato ha deciso di avviare un percorso di dialogo con l’Occidente. E i risultati non hanno tardato ad arrivare. L’accordo sul nucleare porterà capitali freschi nell’economia grazie agli investimenti, mentre le aziende occidentali fanno la fila per essere ricevute a Teheran. Dopo la delegazione francese, sarà la volta dell’Italia, con oltre 170 imprese presenti al business forum in programma nella Milad Tower, uno dei simboli della capitale.
«È necessario aprirsi all’Occidente», prosegue il mercante, ricordando i tempi dell’isolamento al quale l’ex presidente, Mahmoud Ahmadinejad aveva costretto il Paese. Secondo un altro commerciante di nome Nasser «le sanzioni hanno avuto un effetto soprattutto psicologico» e ora che è stato firmato l’accordo sul nucleare «le nostre menti sono più libere».
Un tempo roccaforte del potere conservatore, negli ultimi anni il bazar ha perso parte del suo peso politico, ma rimane sempre il cuore pulsante dell’economia della Repubblica islamica in grado di dare il termometro della situazione nel Paese, in vista della revoca delle sanzioni. In tanti negozi sbucano dai quadretti appesi al muro i volti severi della Guida Suprema, Ali Khamenei, e del suo predecessore, il fondatore della Repubblica islamica, Ruhollah Khomeini. Simboli di un Paese che guarda avanti, ma resta ben ancorato alla sua storia. Da un lato all’altro del bazar ci sono file di bandiere nere a simboleggiare l’Arbayeen, la ricorrenza sciita che mette fine ai 40 giorni di lutto di Ashura.
Il commerciante di tappeti, Mostafa Keshavarzi, evidenzia come anche il calo del prezzo del petrolio abbia avuto un peso importante nella crisi economica che ha attanagliato il Paese. «Anche in Europa non mi sembra che la passiate benissimo. È come se le sanzioni avessero colpito anche voi visto il calo dell’economia», sottolinea Keshavarzi, che critica il «folle e pazzoide» Ahmadinejad e auspica un ulteriore avvicinamento all’Occidente: «anche per il mio lavoro le cose potrebbero andar meglio».
Nei vicoli riecheggiano le voci degli uomini che, davanti agli uomini della sicurezza, contrattano sul valore del rial su dollaro e euro. Ci spiegano che sono loro che decidono i tassi di cambio usati nella vita quotidiana. Ma come è possibile che vengano tollerate queste attività davanti ai poliziotti? La risposta la dà una ragazza iraniana: «Vengono tollerate tante cose in Iran…».