(Alessandro Aramu) – Il terrorismo di matrice jihadista torna a scuotere l’Europa. Questa volta a essere colpita non è una città qualsiasi, è Strasburgo, casa del Parlamento europeo e vice capitale del vecchio continente. Ancora una volta, come un rituale annunciato da tempo, a mietere vittime è stato un giovane nordafricano già conosciuto alle forze dell’ordine e già segnalato con il “fichè S” per radicalizzazione. Tutto ciò è accaduto, per uno strano gioco del destino, a poche ore dalle avventate quanto pericolose dichiarazioni che il vicepremier del governo italiano Matteo Salvini, nonché ministro dell’Interno, ha rilasciato in Israele.
Sorvolando sulle parole pronunciate a favore dello Stato Ebraico che nella testa del leghista sarebbe il soggetto chiave per la pace nella regione, affermazione singolare visto che il giudizio sulla politica di Netanyahu in Medio Oriente è largamente contestato e osteggiato sia nel paese che all’estero, ciò che colpisce sono le parole pronunciate nei confronti di Hezbollah, il partito sciita libanese che siede nei banchi del governo ed è un elemento centrale nella vita istituzionale e sociale in Libano. Il ministro Salvini, a pochi passi dalle pantofole del premier israeliano, parafrasando una bella immagine del mio amico Pino Cabras, ha detto che Hezbollah è un’organizzazione terroristica islamica. L’affermazione, che dimostra una palese ignoranza dell’uomo politico italiano, la cui scarsa propensione allo studio e all’approfondimento delle tematiche delle quali si occupa è proverbiale, è grave, falsa e pericolosa per almeno due ragioni.
La prima riguarda il ruolo che l’Italia svolge nel paese dei cedri con la presenza di militari e la guida della Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL), una forza militare di interposizione dell’ONU, creata il 19 marzo 1978, rinnovata dopo l’invasione israeliana del Libano del 1982, in seguito al ritiro delle truppe israeliane dal Libano del 2000 e in occasione dell’intervento israeliano in Libano del 2006.
Salvini ignora che proprio nell’estate del 2006, il giorno prima di ritirarsi dal sud del Libano, in una guerra costata 1100 morti e 4000 feriti, l’aviazione israeliana sganciò a bassa quota un intero stock di bombe a grappolo sui campi e gli uliveti già martoriati dai bombardamenti. Molte di quelle bombe sono rimaste inesplose e in ogni momento possono produrre i loro effetti letali sulla popolazione civile che ancora oggi sente il peso dell’occupazione israeliana.
Quella forza di interposizione garantisce sicurezza e pace grazie al ruolo svolto soprattutto dai militari italiani che si sono fatti apprezzare in questi anni per la loro capacità diplomatica e la loro posizione di terzietà rispetto ai soggetti in campo, da un parte i soldati israeliani e, dall’altra, i miliziani di Hezbollah ma anche i militari libanesi. Non è un caso che la missione oggi è sotto la guida italiana per la quarta volta.
Le dichiarazioni di Matteo Salvini, che parla di geopolitica senza cognizione di causa, mettono a serio rischio la sicurezza dei nostri militari impegnati nella missione delle Nazioni Unite lungo la blue line. Giustamente le fonti del Ministero della Difesa hanno manifestato preoccupazione per queste parole e per gli effetti devastanti che potrebbero avere su quell’area.
Il definire terroristi i miliziani di Hezbollah, poi, manifesta un altro elemento di grossolana ignoranza da parte del vice premier italiano, che tratta la politica estera con la superficialità tipica di chi è abituato a fare propaganda per qualche manciata di voti. Salvini dovrebbe chiedere a Putin, di cui in maniera confusa si dice un estimatore, chi è che in questi anni ha combattuto il terrorismo di matrice jihadista in Siria, quello finanziato dalla Turchia, dal Qatar, dall’Arabia Saudita, dagli Usa, dalla Francia, dalla Gran Bretagna e anche da Israele.
Tra coloro che si sono distinti nella lotta contro gli estremisti islamici dell’ISIS, di Al Qaeda e delle altre sigle del terrore radicale, c’è proprio Hezbollah che ha pagato questo suo impegno per la sicurezza in Medio Oriente ma anche in Europa con un elevato numero di vittime, martiri come vengono definiti da quelle parti. Le parole del vicepremier contro il Partito di Dio sono minacciose perché mettono sullo stesso piano i terroristi veri, come il giovane che ha causato morti e feriti a Strasburgo, e quelli che invece il terrorismo lo combattono.
La questione è molto complessa e non basterebbe certo un articolo per spiegare l’azione di Hezbollah anche a difesa delle minoranze religiose, a partire da quella cristiana che Salvini difende senza però conoscere i presupposti della loro sopravvivenza in Medio Oriente a seguito della guerra in Siria. Basterebbe un solo dato: i miliziani sciiti libanesi hanno liberato dal gioco del terrorismo islamico la città di Maalula, la culla del cristianesimo, quella dove ancora si parla l’aramaico liberandone le suore e restituendo alla minoranza cristiana libertà e sicurezza.
Salvini, pronunciando quelle parole a pochi centimetri dalle pantofole di Netanyahu, ha assunto una posizione molto pericolosa. Non è avventato dire che il vice premier italiano abbia sposato la tesi del terrore per procura. Quella di Israele che di terrore, dopotutto, se ne intende.
Alessandro Aramu – Giornalista professionista, direttore della Rivista di geopolitica Spondasud. Autore di reportage sulla rivoluzione zapatista in Chiapas (Messico) e sul movimento Hezbollah in Libano, ha curato il saggio Lebanon. Reportage nel cuore della resistenza libanese (Arkadia, 2012). Per il quotidiano La Stampa ha pubblicato il reportage “All’ombra del muro di Porta di Fatima”, mostrando per la prima volta in Italia la nuova barriera che ha diviso il Libano da Israele. È coautore dei volumi Syria. Quello che i media non dicono (Arkadia 2013), Middle East. Le politiche del Mediterraneo sullo sfondo della guerra in Siria (Arkadia Editore 2014) con la prefazione di Alberto Negri. E’ autore e curatore del volume Il genocidio armeno: 100 anni di silenzio – Lo straordinario racconto degli ultimi sopravvissuti (2015), con Gian Micalessin e Anna Mazzone. Autore, insieme a Carlo Licheri, del docu -film “Storie di Migrantes” (2016), vincitore del premio speciale del pubblico all’ottava edizione dello Skepto International Film Festival. E’ Presidente del Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria, responsabile delle relazioni internazionali del Centro Italo Arabo e del Mediterraneo Onlus, Vice Presidente del Centro Italo Arabo e del Mediterraneo della Sardegna.