(Luisanna Deiana) – Lo scorso 17 giugno l’Unione Europea ha stabilito il rinnovo delle sanzioni economiche contro la Russia per un altro anno, fino al 23 giugno 2017. La discussione inizialmente fissata per il 20 giugno in sede di Commissione Europea è stata anticipata di alcuni giorni e si è svolta in contemporanea con l’Economic Forum di Sanpietroburgo (16-18 giugno) a cui hanno partecipato il presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
L’annunciata visita di Juncker in Russia, la prima del capo dell’esecutivo europeo dall’inizio della crisi di Crimea del 2014, aveva sollevato non pochi malumori a livello internazionale proprio in vista dell’attesa discussione. L’anticipazione della decisione UE è arrivata proprio durante il meeting russo escludendo di fatto ogni tentativo di dialogo e alleggerimento delle restrizioni. La scelta repentina di rinnovare le sanzioni per altri 12 mesi sembra seguire l’improvviso cambio di rotta dei sondaggi sul referendum Brexit che, dopo l’omicidio della deputata laburista, vedono il fronte dei Remain per la prima volta in testa sui Leave.
Lo scenario che fino alla settimana scorsa si delineava con i Leave in netto vantaggio nei sondaggi, suscitava forti inquietudini a livello europeo. Che il rischio di fuoriuscita della Gran Bretagna dall’UE rappresentasse un pericolo principalmente per l’Unione Europea è chiaramente semplificato dalla reazione dei mercati azionari al pericolo Brexit. Tracciando un parallelo con il Grexit, nei mesi che precedettero il referendum, le speculazioni finanziarie bersagliarono l’economia greca e i titoli di Stato di Atene furono colpiti da violente vendite, facendo perdere credibilità ai tentativi di riforma avviati da Syriza. Lo stesso non è avvenuto per la Gran Bretagna, infatti i Gilt (i titoli di Stato britannici) con scadenza a 10 anni continuano ad essere comprati. Anzi, sono i mercati europei a risentire del meccanismo di fuga verso la qualità (flight to quality), con uno spostamento dei capitali verso il Bund decennale tedesco, considerato il titolo rifugio per la zona euro e comprato a mani basse negli ultimi mesi fino a farlo scendere il 14 giugno, per la prima volta nella storia, sotto lo zero.
I mercati indicano chiaramente nel rendimento negativo dei titoli decennali tedeschi i timori per l’esplosione della bolla speculativa innescata dal Quantitative Easing, dai tassi negativi e dagli acquisti di asset della Banca centrale europea. I tassi negativi hanno contratto drasticamente i margini di guadagno dell’attività tradizionale delle banche europee e la presenza di bond negativi in Germania e Giappone vincola gli interventi al rialzo sui tassi FED, limitando la ripresa dell’economia globale e orientandola verso la stagnazione. Di fronte al rischio Brexit è il settore bancario europeo ad essere messo sotto attacco dai mercati finanziari. In caso di uscita della Gran Bretagna dall’UE, il riavvicinamento alla Russia con la riapertura dei mercati dell’est avrebbe rappresentato una boccata di ossigeno per l’economia europea che nel pieno della crisi economica si ritrova a pagare il peso salatissimo della sanzioni russe sull’export europeo, ad affrontare la marea umana di migranti e rifugiati che scappano dalla cinta di instabilità politica ed economica mediorientale, e, una volta esauriti i tentativi di rinvigorimento finanziario operati dalla BCE rischia di dover accondiscendere tout court alle condizioni sfavorevoli dell’accordo atlantista del TTIP.
E’ bastato però garantire un forte orientamento pro-UE nei risultati del referendum Brexit e mandare un chiaro messaggio alla Russia per ridisegnare interamente gli scenari internazionali. I primi a rispondere sono stati i mercati azionari che hanno avviato un inizio settimana in rialzo sulle borse europee e su Wall Street. La sterlina ha guadagnato oltre un punto percentuale, il petrolio è in rialzo e la quotazione dell’oro è ribassata rispetto alla soglia limite dei 1.300 dollari l’oncia quotata giovedì 16 giugno.
Anche se il richio Brexit sembra scongiurato, la visita di Juncker resta indicativa della complessità dei rapporti tra Russia e paesi europei e rappresenta la volontà di mantenere aperto un dialogo ufficiale sulle tematiche internazionali più rilevanti. La partecipazione di Juncker all’Economic Forum di Sanpietroburgo conferma i tentativi europei di ricercare occasioni di riavvicinamento e apertura per ridefinire i termini delle sanzioni e contemporaneamente alleggerire il blocco delle importazioni europee imposto dal governo russo fino a tutto il 2017 (nel 2015 il danno economico solo sull’export italiano è stato di 3,6 miliardi di euro).
Se qualche stravolgimento ci sarà nel risultato del referendum del 23 giugno, questo sicuramente inciderà sulle relazioni UE-Russia proprio in virtù del ruolo di capofila assunto dal Regno Unito sul fronte della rigidità contro la Russia, perfettamente in linea con la politica europea di orientamento atlantista. Anche se improbabile, l’uscita della Gran Bretagna dall’UE permetterebbe alla Germania di orientare la politica europea verso una graduale normalizzazione delle relazioni con la Russia, recuperando quegli spazi che storicamente rappresentano la vocazione espansionistica e commerciale europea verso est.
For Russia, Brexit would be an opportunity not a tragedy https://www.theguardian.com/world/2016/may/19/for-russia-brexit-would-be-an-opportunity-not-a-tragedy
European Commission President’s Visit to Russia Comes at Sensitive Moment http://www.wsj.com/articles/european-commission-presidents-visit-to-russia-comes-at-sensitive-moment-1466003148