Bashar al Assad è stato rieletto con l’88,07% dei voti. Lo ha annunciato il presidente del parlamento di Damasco. Il tasso di partecipazione alle elezioni presidenziali in Siria è stato invece, secondo quanto annunciato dalla commissione elettorale, del 73,42%. Sui 15.8 milioni di elettori chiamati alle urne, 11.6 milioni hanno partecipato al voto, ha precisato il portavoce Maged Khadra. In base ai dati delle Nazioni Unite, circa il 40% della popolazione pre-guerra, che era pari a 22,4 milioni di abitanti, si trova attualmente fuori dai confini siriani.
Le operazioni di voto si sono svolte soltanto nelle zone sotto il controllo del governo, con misure di sicurezza imponenti. A Damasco sono stati allestiti numerosi posti di blocco e i soldati hanno controllato le carte d’identità dei passanti. L’unica città in cui non ci sono seggi è Raqqa, nel nordest, completamente in mano alle forze dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Si è votato anche nelle zone recentemente conquistate dall’esercito, tra cui la provincia centrale di Homs. Nelle zone a maggioranza curda nel nordest, in cui c’è una limitata presenza dell’esercito, i partiti curdi hanno boicottato il voto, in alcuni casi anche impedendo ai cittadini di recarsi alle urne.
Una prima fase delle elezioni presidenziali si è già svolta la scorsa settimana, quando hanno votato gli espatriati. Il voto era consentito non a tutti i profughi, ma solo a chi si trovasse all’estero con documenti regolari.
Il quotidiano al-Watan, vicino al governo, ha scritto: “Milioni hanno votato sfidando il terrorismo e i suoi mortai, i missili, le auto-bomba e gli attentatori suicidi per dimostrare la legittimazione del presidente Assad a un nuovo incarico che si protrarra’ fino al 2021″.
“Ho votato con il sangue per esprimere l’amore per il mio paese e per il suo leader”. Così il 18enne Odai al Jamounai ha raccontato a Rainews la sua scelta di votare il presidente Bashar al Assad pungendosi le dita con uno spillo messo a disposizione degli elettori in un seggio di Damasco. Oltre al giovane Odai, molte altre persone si sono punte le dita più volte in modo da avere abbastanza sangue per poter fare un cerchio intorno al nome di Assad. La maggior parte degli elettori ha però votato con l’inchiostro. Nello stesso seggio, allestito nell’hotel Dama Rose, molti elettori hanno deciso di votare pubblicamente Assad, senza ritirarsi dietro le tende. Fuori dall’albergo una ventina di uomini ha suonato tamburi e sventolato bandiere, inneggiando “Dio, Siria e Bashar”.
Il 49enne Ahmad Qadah, che vive in Egitto da quando è fuggito da Aleppo, è ritornato in patria quattro giorni fa appositamente per votare Assad. “È la persona più competente per guidare il Paese – ha affermato – e abbiamo bisogno di un leader forte in questi tempi difficili”.
Per il capo della diplomazia siriana, Walid Muallem, “di fronte al complotto, il popolo ha scelto di rinnovare i suoi dirigenti per ristabilire la sicurezza, lottare contro il terrorismo e ricostruire il paese. Questi sono gli slogan delle prossime tappe”. Muallem ha definito “democratico” e “trasparente” lo scrutinio presidenziale.
Il Gran Mufti della Siria, Ahmad Badr-Eddin Hassoun, in un’intervista con il canale televisivo al-Ikhbariya, ha detto che il mondo dovrebbe rendersi conto, vedendo le elezioni presidenziali, che la Siria è “un paese di un unico popolo e di un unico leader”, nonostante i tentativi da parte di più di 100 paesi di innescare la sedizione tra i siriani.
Se per l’Occidente il voto è stato solo una “farsa”, destinata a certificare formalmente un inevitabile terzo mandato consecutivo di Assad, gli Stati Uniti hanno criticato la decisione del governo di Damasco di tenere queste elezioni definendole “distaccate dalla realtà.” In una conferenza stampa, il vice portavoce del Dipartimento di Stato americano, Marie Harf, ha dichiarato che queste elezioni sono una “sciagura”.