(Raimondo Schiavone) – Mentre la comunità internazionale osserva con scetticismo i tentativi di riposizionamento politico di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), la realtà sul terreno in Siria racconta un’altra storia. Gli jihadisti, pur dichiarandosi pronti a rispettare la libertà religiosa, stanno progressivamente cancellando la presenza delle minoranze cristiane e druse attraverso un progetto sistematico di prevaricazione e terrore.
Latakia, storicamente una roccaforte delle minoranze cristiane in Siria, è stata recentemente teatro di un episodio emblematico. Durante i funerali di Luciano Haddad, un cristiano ucciso mentre tentava di difendere un negoziante, i miliziani di HTS hanno fatto irruzione nella chiesa, imponendo agli astanti di ascoltare la sura Al-Fatihah del Corano prima di poter recitare il Padre Nostro. Un atto di prepotenza che dimostra come il progetto islamista non abbia alcuna intenzione di rispettare le libertà religiose, bensì di sottomettere chiunque non si conformi al loro dogma.
L’attacco ai funerali di Haddad non è un caso isolato. Dall’inizio del conflitto, le chiese cristiane e i luoghi di culto drusi sono stati sistematicamente presi di mira. Saccheggi, conversioni forzate e demolizioni sono diventate la norma in aree controllate da HTS e altri gruppi jihadisti.
Basti pensare alla città di Idlib, dove i pochi cristiani rimasti vivono sotto costante minaccia, impossibilitati a praticare apertamente la loro fede. Le antiche chiese sono state trasformate in basi militari o distrutte con il pretesto di “riqualificazioni urbane”.
Nel sud della Siria, la comunità drusa ha subito simili persecuzioni. Gli jihadisti considerano questa minoranza eretica e non hanno esitato a imporre tasse religiose (jizya) per garantire una falsa protezione, una pratica medievale che mira a sfruttare economicamente chi non può difendersi.
Negli ultimi anni, il leader di HTS, Abu Mohammad al-Julani, ha cercato di presentarsi come un interlocutore politico accettabile, affermando che il gruppo non persegue più una politica di sterminio delle minoranze. Ma le sue dichiarazioni sono smentite dalla realtà sul campo.
Il tentativo di ripulire l’immagine del gruppo ha un obiettivo chiaro: ottenere riconoscimento internazionale e legittimazione politica, magari in un futuro assetto post-bellico della Siria. Ma la verità è che nelle zone sotto il loro controllo si sta progressivamente instaurando un vero e proprio califfato islamico, con leggi basate sulla sharia più rigida e la progressiva eliminazione delle minoranze religiose.
Mentre HTS prosegue nella sua opera di islamizzazione forzata, l’Occidente resta a guardare. L’attenzione si è spostata su altri scenari di crisi, mentre le denunce delle comunità perseguitate cadono nel vuoto. Le dichiarazioni di tolleranza rilasciate dal gruppo jihadista vengono accettate senza un’analisi critica, ignorando le testimonianze dirette di chi è costretto a fuggire o vivere in clandestinità.
Se la tendenza attuale continuerà, la Siria rischia di diventare il cuore pulsante di un nuovo califfato islamico, in cui non ci sarà spazio per chiunque non si conformi all’ideologia jihadista. E quando il mondo si accorgerà di questa realtà, potrebbe essere già troppo tardi.