Una nuova offensiva è stata lanciata dalle forze governative siriane – insieme a Hezbollah e Iran – contro i gruppi armati dell’opposizione nella provincia centrale di Homs, con l’appoggio dei bombardamenti dell’aviazione russa. Lo riferisce l’agenzia governativa Sana, aggiungendo che l’esercito ha ripreso il controllo del villaggio di Al Khaldiyeh, nel nord-ovest della provincia. Nei giorni scorsi erano state le province di Hama e di Idlib, più a nord, ad essere interessate da un’offensiva terrestre dell’esercito siriano, con l’appoggio dei raid russi.
LA RUSSIA SFOGGIA I NUOVI ARMAMENTI, E L’OCCIDENTE PRENDE NOTA – Due settimane di attacchi aerei e missilistici in Siria, hanno dato all’intelligence e ai funzionari militari occidentali una comprensione più profonda della trasformazione che la Russia militare ha subito sotto il presidente Vladimir Putin che, dimostrando la sua capacità di condurre operazioni oltre i suoi confini, ha sfoggiato pubblicamente nuove armi, tattiche e strategie. I raid hanno coinvolto velivoli mai testato in combattimento, tra cui il cacciabombardiere Sukhoi Su-34, che la Nato chiama ‘Fullback’, e un missile cruise, noto come il Kalibr, sparato da una base navale a più di 900 miglia dal Mar Caspio, che, secondo alcuni analisti, supera l’equivalente americano in capacità tecnologica.
Nel loro insieme, le operazioni riflettono quello che i funzionari e analisti descritto come una ‘piccola notà, ancora incompleta, sulla modernizzazione in atto da molti anni in Russia, nonostante le tensioni sul bilancio del paese. E che, come con l’intervento della Russia nella vicina Ucraina, ha sollevato allarmismi in Occidente. In un rapporto di questo mese per l’European Council on Foreign Relations, Gustav Gressel, un ex ufficiale dell’esercito austriaco, ha sostenuto che Putin aveva supervisionato la più rapida trasformazione delle forze armate del paese dal 1930. «La Russia è ora una potenza militare che potrebbe travolgere qualsiasi dei suoi vicini, se isolati dal sostegno occidentale», ha scritto Gressel.
L’operazione in Siria, ancora relativamente limitata, è diventato, in effetti, un banco di prova per una Russia sempre più conflittuale e ribelle. E, come lo stesso Putin ha suggerito domenica, l’operazione potrebbe essere destinata a inviare un messaggio agli Stati Uniti e all’Occidente sul restauro della forza militare del paese raggiunta dopo decenni di degrado post-sovietica. «Per gli esperti una cosa è essere a conoscenza che la Russia ha presumibilmente queste armi, un’altra è vedere per la prima volta che esistono realmente, che la nostra industria della difesa le sta producendo, che sono di alta qualità e che abbiamo persone ben addestrate in grado di utilizzarle», ha detto Putin in un’intervista trasmessa dalla televisione di Stato aggiungendo che «hanno visto anche che la Russia è pronta a usarle se nell’interesse del nostro paese e la nostra gente». «Stiamo imparando più di quanto abbiamo negli ultimi 10 anni. Stiamo andando a scuola su ciò che l’esercito russo è capace di fare oggi», ha invece detto Micah Zenko, del Council on Foreign Relations.