Il Pentagono sta elaborando un piano per rinnovare in modo significativo il programma di addestramento dei ribelli moderati in Siria per contrastare l’avanzata dei miliziani dello Stato Islamico (Is). Lo rivela il New York Times, spiegando che l’intento è quello di aumentare il numero di combattenti da inviare in Siria di volta in volta, fornire un miglior contributo di intelligence e migliorare le modalità di combattimento. Il cambiamento proposto segue l’attacco condotto a fine luglio dal Fronte al-Nusra affiliato ad al-Qaeda contro i primi 54 ribelli siriani che hanno partecipato al programma di addestramento gestito dagli Usa in Turchia. L’attacco ha rivelato che i ribelli non erano stati addestrati adeguatamente a rispondere a un’aggressione nemica e che sono stati rimandati in Siria in gruppi troppo esigui. Inoltre i ribelli addestrati dagli Usa si sono trovati senza sostengo da parte della popolazione locale e con scarse abilità di intelligence. Infine il loro ritorno in Siria era coinciso con le festività dell’Eid e a molti di loro era stato concesso di far visita ai parenti, esponendoli così ai nemici.
Tra le possibili modifiche al piano di addestramento elaborato dal Pentagono c’è la decisione di aumentare il numero di cosidetti ribelli siriani rimandati in patria, di garantire loro il supporto locale e di migliorare il sostegno dell’intelligence fornito ai combattenti. Ma al momento non è stata presa una decisione precisa, come hanno riferito a condizione di anonimato fonti ufficiali del Pentagono e dell’Amministrazione Obama citati dal New York Times. «Come per ogni impresa difficile, ci aspettavamo sconfitte e successi, e dobbiamo essere realistici rispetto alle aspettative», ha scritto in una e-mail Chris Connolly, portavoce della task force americana impegnata nell’addestrare i ribelli siriani.
«Sapevamo fin dall’inizio che questa missione sarebbe stata difficile», ha aggiunto. Nel disegno del Pentagono per combattere lo Stato Islamico (Is) in Siria c’era l’addestramento di cinquemila ribelli moderati in un anno. Ma oggi anche i più strenui sostenitori del programma ritengono che questo obiettivo non sia realistico, anche perché sono solo decine i combattenti ammessi all’addestramento su migliaia che hanno fatto domanda.
«Non abbiamo un comando diretto, né il controllo dei combattenti una volta che terminiamo la loro formazione e forniamo loro gli equipaggiamenti», ha spiegato il generale Kevin J. Killea, capo di stato maggiore per l’operazione militare guidata dagli americani contro lo Stato Islamico, in una teleconferenza al Pentagono venerdì scorso. Nel programma, quella che ha funzionato bene è stata la capacità di fornire copertura aerea in tempo reale per i ribelli tornati in Siria. I droni americani hanno infatti prontamente aiutato la divisione di ribelli attaccati dal Fronte al-Nusra uccidendo decine di miliziani. Ma quello che ora si intende rivedere è la strategia di partenza più che la risposta in emergenza.