La dirigenza russa ha invitato Belgrado a partecipare all’opera di salvataggio e risanamento del patrimonio artistico e culturale a Palmira, l’antica città’ siriana devastata dalla barbarie iconoclasta dell’Isis e che nei giorni scorsi e’ stata riconquistata dalle forze di Damasco. Lo ha detto il ministro degli esteri serbo Ivica Dacic. “La Russia ci ha invitati a prendere parte alle campagne umanitarie e al salvataggio dei monumenti a Palmira”, ha detto Dacic, che nei giorni scorsi è stato in visita a Mosca. “Trasmetterò’ il messaggio al premier (Aleksandar Vucic) e vedremo se decideremo di accettare”, ha aggiunto.
Intanto l’archeologo e professore emerito dell’Università La Sapienza di Roma, Paolo Matthiae, definisce “Palmira la città martire del patrimonio culturale mondiale”. Lo studioso non ha dubbi: “Le distruzioni che si sono verificate nei mesi scorsi sono oggettivamente gravissime: sono andati distrutti gioielli dell’architettura imperiale romana e di alcune delle necropoli più affascinanti in un città magica nel deserto siriano. Sono perdite estremamente gravi non solo per la Siria ma per l’umanità”.
“Si pone oggi in maniera urgente il problema di cosa fare: ricostruire? Restituire le rovine nel loro stato passato? Ridare a questa città il fascino che ha sempre avuto negli ultimi due secoli? Quando si tratta di restauri, ripristini e ricostruzioni – ha evidenziato Paolo Matthiae ai microfoni de L’altra Europa – le polemiche sono all’ordine del giorno, perché si parla di procedure, metodi, criteri generali e principi. Su questo il dibattito è sempre stato molto acceso. Per quanto mi riguarda, credo ci siano delle linee generali da seguire. In primo luogo, occorre evitare ogni tipo di speculazione, a differenza di quanto successo dopo la guerra civile del Libano per la ricostruzione di Beirut. In secondo luogo, si deve seguire la sovranità del paese che oggi controlla Palmira, ovvero la Repubblica Araba Siriana, e ci si deve attenere ai principi generali dell’Unesco, su cui tutti i paesi del mondo concordano”
“Inoltre, ci sono alcuni restauri di tipo tradizionale relativamente semplici da compiere, il problema è quello della restituzione di ciò che è stato polverizzato dalle esplosioni. Il mio parere – ha concluso l’archeologo – su questo punto è perseguire la tecnica della stampa 3D per ripristinare lo stato delle rovine di un anno fa. Sarà certamente un falso storico ma lo dobbiamo al popolo siriano che deve riavere il suo ambiente naturale e culturale, perché la catena umanità, natura e cultura non si può spezzare arbitrariamente per le follie di un preteso califfato”.