Si intensificano le denunce per presunti crimini di guerra contro soldati israeliani che si trovano all’estero. Secondo il Times of Israel, almeno dodici casi sono stati segnalati in diversi Paesi. L’ultimo episodio riguarda un militare israeliano finito sotto inchiesta durante una vacanza in Brasile. L’uomo, sopravvissuto all’attacco al Nova Festival del 7 ottobre 2023 e successivamente impegnato nelle operazioni a Gaza, ha lasciato rapidamente il Paese grazie all’assistenza del consolato israeliano, su richiesta del ministro degli Esteri Gideon Saar.
La denuncia contro di lui è stata presentata dalla Fondazione Hind Rajab, un’organizzazione che denuncia l’impunità dei militari israeliani. La fondazione, intitolata a una bambina di sei anni uccisa a Gaza nel febbraio 2023, monitora i movimenti dei soldati dell’Israel Defense Forces (Idf) tramite i post pubblicati sui social media. Nel caso del soldato in Brasile, l’organizzazione ha presentato un dossier di 500 pagine alle autorità brasiliane, sostenendo che l’uomo si sarebbe reso responsabile di crimini di guerra.
Le forze armate israeliane hanno smentito qualsiasi coinvolgimento delle proprie unità nella zona in cui la bambina è stata uccisa. Tuttavia, secondo il ministero degli Esteri israeliano, episodi simili si sono verificati in almeno altri undici Paesi, tra cui Sri Lanka, Thailandia, Francia, Belgio, Olanda, Serbia, Irlanda, Cipro e Sudafrica. Le denunce, spesso promosse da organizzazioni per la difesa dei diritti umani, non riguardano ufficiali di alto grado, ma soldati semplici.
Il materiale raccolto, poi, viene regolarmente consegnato alla Corte penale internazionale, che giudica gli individui. Tra i crimini commessi: distruzione di infrastrutture civili, saccheggio, uso di tattiche disumane contro i civili, omicidi mirati di civili. I casi sono segnalati anche ai paesi di origine dei soldati e a quelli in cui i militari vanno in vacanza.
Sebbene non ci siano stati arresti, la Hind Rajab Foundation registra un importante successo. «È un giorno che farà storia – dichiara il presidente Dyab Abou Jahjah – Un precedente fondamentale che incoraggia le nazioni a compiere passi decisi per perseguire chi si macchia di crimini di guerra».
L’impatto di questo risultato si riflette nelle reazioni a Tel Aviv: l’esercito ha prontamente diffuso linee guida rivolte ai propri soldati, consigliando maggiore cautela nei viaggi all’estero e raccomandando di evitare la condivisione sui social di contenuti che possano rappresentare prove compromettenti delle loro azioni.
Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha criticato duramente il governo, definendo la fuga del militare dal Brasile “un fallimento politico di un governo incapace di agire”. Il fenomeno evidenzia un crescente utilizzo di strumenti legali da parte di attivisti per perseguire crimini di guerra. Al centro delle polemiche vi è anche il ruolo dei social media, che stanno diventando una fonte cruciale per tracciare i movimenti dei soldati israeliani e raccogliere prove contro di loro.
Le autorità israeliane, da parte loro, continuano a respingere le accuse, affermando che molti dei dossier presentati mancano di fondamento e sono parte di una campagna diffamatoria contro il Paese.