Hanno preso il via in Siria le elezioni parlamentari che coinvolgeranno le province sotto il controllo del governo del presidente Bashar al Assad. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa governativa “Sana”, i seggi sono presenti in tutte le località che superano i 7 mila abitanti nelle varie province del paese. Il responsabile dell’Alto comitato per le elezioni, Hisham al Shaar, ha dichiarato che sono stati approntati ulteriori seggi per consentire di votare anche alla popolazione sfollata proveniente dalle province di Idlib, al Raqqa, Deir ez Zour e Aleppo. L’annuncio delle elezioni è stato dato dal presidente Assad pochi giorni prima del cessate il fuoco, iniziato il 27 febbraio. Il capo dello Stato ha emesso un decreto presidenziale volto a sancire l’organizzazione delle elezioni per il rinnovo dei 250 membri del Consiglio del popolo, i cui rappresentanti sono eletti ogni quattro anni.
I candidati che si sono presentati per questa tornata elettorale erano circa 12 mila, poi ridotti a 3.500 a ridosso delle elezioni. Per il presidente siriano rappresentano un numero “senza precedenti”, confermando che le elezioni sono tutt’altro che una finzione. A supervisionare il corretto andamento del voto vi sarà una delegazione del parlamento russo giunta nei giorni scorsi nel paese. Le elezioni parlamentari sono state confermate in febbraio dal presidente Assad nonostante le forti critiche da parte della Comunità internazionale secondo cui è impossibile e controproducente tenere votazioni mentre il paese è in guerra. Inoltre il voto giunge in contemporanea con l’avvio del secondo round dei colloqui intra-siriani mediati dalle Nazioni Unite a Ginevra a cui prendono parte rappresentanti del governo e dei movimenti dell’opposizione siriana.
Questa è la terza volta che la popolazione viene chiamata alle urne dall’inizio della guerra nel 2011. Nel 2012, il paese ha tenuto le prime elezioni parlamentari dalla salita al potere del partito Baath nel 1972. I siriani sono stati chiamati alle urne una seconda volte nel 2014 per le elezioni presidenziali, che hanno confermato al potere il presidente Bashar al Assad. In entrambe le occasioni la Comunità internazionale ha definito le votazioni illegittime “in quanto tutti candidati sono stati vagliati accuratamente da una commissione interna all’attuale leadership”.
Secondo l’attuale legge elettorale, circa metà dei 250 seggi è destinata a candidati indipendenti senza alcuna affiliazione politica, scelti fra i comitati di contadini e operai. I restanti 125 candidati sono votati nelle varie liste di partito. Nel 2012 la maggior parte dei 250 parlamentari eletti erano sostenitori Assad. In quelle votazioni i membri del partito Baath e le formazioni alleate avevano vinto 168 seggi, mentre le opposizioni si erano attestate a 82 seggi, compresi i 77 delegati autonomi di formazioni minori o in rappresentanza di comunità specifiche non legati a partiti politici nazionali.
I due blocchi che in questa tornata si contendono la maggioranza della camera sono il Fronte popolare per il cambiamento e la liberazione con all’interno i Socialisti nazionali del Ssnp e i marxisti leninisti del People’s Will Party e la coalizione di maggioranza del Fronte Progressista Nazionale con Baath, socialisti e nazionalisti. Le donne candidate sono ben 710, un vero record tra i paesi del mondo arabo. La Siria è, infatti, l’unico paese arabo con una costituzione laica e la legge islamica è incostituzionale. Le donne partecipano attivamente alla vita politica, sociale ed economica della nazione e non hanno l’obbligo di coprirsi il volto con un velo, il burqa o indossare chador. Le donne siriane, inoltre, hanno gli stessi diritti degli uomini in materia di salute e istruzione.
In una conferenza stampa, Sergej Gavrilov, deputato della Duma e membro della delegazione russa incaricata di supervisionare il voto, ha sottolineato che “le elezioni confermeranno la continuità e legittimità del potere e contribuiranno ai preparativi per i colloqui di Ginevra”. Secondo il delegato russo, “le prossime elezioni parlamentari, nel corso della cui preparazione sono stati creati numerosi nuovi partiti, elimineranno il vuoto nella legislatura corrente e saranno la prova della continuità delle autorità legittime, offrendo un contributo significativo ai preparativi per il dialogo” intra-siriano.
Forti critiche alla decisione di Assad di tenere le votazioni parlamentari sono giunte sia dagli Stati Uniti che dalla Francia. Il portavoce del Dipartimento di stato Usa, Mark Toner, ha dichiarato in una conferenza stampa che le elezioni parlamentari siriani “non saranno né legittime, né rappresentative del popolo siriano”, date le circostanze di conflitto che il paese si trova ad affrontare. Secondo Toner, i colloqui di Ginevra rappresentano l’unica via in grado di tracciare una reale transizione politica in Siria. Il presidente francese aveva già espresso lo scorso 4 marzo la sua contrarietà durante una conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco Angela Merkel a Parigi. “L’idea di tenere presto elezioni nei prossimi mesi, non è solo provocatoria, ma è anzitutto del tutto irrealistica”, aveva dichiarato Hollande.
Da parte sua la Coalizione nazionale siriana (Cns), il principale gruppo di opposizione filo-occidentale, i cui leader vivono in esilio ad Istanbul, ha invitato i siriani a boicottare le urne, sottolineando che la guerra civile in corso da cinque anni non potrà terminare “attraverso progetti unilaterali”, ma solo grazie ad una transizione politica negoziata che coinvolga tutta la popolazione. Per i leader del Cns le elezioni rappresentano solo un tentativo del presidente Assad di riguadagnare la “legittimità politica che non ha” di fronte alla Comunità internazionale.