Strage di alawiti in Siria, l’Iran: nessun dialogo con Damasco e accuse alla Turchia


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(Raimondo Schiavone) –  Le tensioni tra l’Iran e la Siria hanno raggiunto un punto di rottura. Il Ministero degli Esteri iraniano ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui prende le distanze dal governo di Abu Mohammad al-Jolani (Aḥmad Ḥusayn al-Shara), leader dell’ex gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e ora alla guida della nuova Siria post bellica. Teheran non riconosce il governo di Damasco e accusa la Turchia di essere responsabile della difficile situazione delle minoranze religiose nel paese, in particolare alawiti, sciiti e cristiani.

Per oltre un decennio, l’Iran è stato il principale alleato del regime di Bashar al-Assad, sostenendolo militarmente ed economicamente nella guerra contro i ribelli e i gruppi jihadisti. Tuttavia, con il declino del potere di Assad e l’ascesa di Al-Jolani – sostenuto indirettamente da Ankara e da alcune potenze regionali – la posizione iraniana si è drasticamente modificata. Oggi, Teheran rifiuta qualsiasi legittimità al nuovo governo siriano, vedendolo come una minaccia non solo ai propri interessi strategici, ma anche ai gruppi e alle comunità religiose che ha storicamente protetto.

“Non abbiamo alcuna relazione con il nuovo governo siriano e, in base all’attuale traiettoria, non siamo ansiosi di instaurarla”, ha affermato il Ministero degli Esteri iraniano, in un messaggio che suona come una chiusura definitiva verso l’attuale leadership di Damasco.

La dichiarazione iraniana contiene un chiaro attacco alla Turchia, accusata di essere complice nella marginalizzazione delle minoranze religiose in Siria. “Monitoriamo con estrema preoccupazione la situazione delle minoranze religiose, in particolare alawiti, sciiti e cristiani”, afferma il comunicato di Teheran, sottolineando che Ankara “ha delle responsabilità” in questa situazione.

La Turchia, che ha svolto un ruolo chiave nel ridisegnare gli equilibri della Siria settentrionale, è da tempo in contrasto con l’Iran sul futuro del paese. La sua vicinanza ad Al-Jolani – un tempo leader di Jabhat al-Nusra, affiliata ad al-Qaeda – è vista come una minaccia diretta agli interessi iraniani, che temono un governo ostile dominato da forze sunnite radicali e filo-turche.

Questa frattura segna una trasformazione profonda della politica regionale. Con la caduta del vecchio regime e l’affermazione di un nuovo ordine dominato da Al-Jolani e sostenuto da Ankara, l’Iran rischia di perdere la sua influenza sulla Siria, terreno cruciale nella sua strategia di proiezione di potere fino al Mediterraneo.

In risposta alla dichiarazione iraniana, fonti vicine al governo di Al-Jolani hanno respinto le accuse, affermando che il nuovo esecutivo è “impegnato nella protezione di tutte le comunità religiose”. Tuttavia, sul campo, le tensioni restano elevate, e gruppi filo-iraniani come Hezbollah e le milizie sciite irachene hanno già intensificato la loro attività ai confini della Siria.

Mentre la Siria entra in una nuova fase della sua storia, la rivalità tra Iran e Turchia potrebbe diventare uno dei fattori determinanti per il futuro del paese. La frattura tra Teheran e Damasco è ormai evidente e potrebbe preludere a una nuova fase di instabilità in un Medio Oriente sempre più frammentato.


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