Sudan: una crisi umanitaria senza precedenti tra guerra civile, carestia e violenze etniche


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A oltre due anni dall’inizio della guerra civile scoppiata il 15 aprile 2023 tra le Forze Armate Sudanesi (SAF) guidate dal generale Abdel Fattah al-Burhan e le Forze di Supporto Rapido (RSF) del generale Mohamed Hamdan Dagalo (Hemedti), il Sudan è teatro della peggiore crisi umanitaria al mondo. Nonostante la riconquista di Khartoum da parte dell’esercito lo scorso 26 marzo e la nomina di un nuovo Primo Ministro, Kamil al-Tayeb Idris, la violenza persiste, in particolare nel Darfur, e la situazione umanitaria continua a deteriorarsi.

La nomina di Kamil al-Tayeb Idris, ex direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale, è stata accolta con favore da organizzazioni internazionali come l’Unione Africana e le Nazioni Unite, che la considerano un passo verso la restaurazione dell’ordine costituzionale e la formazione di un governo inclusivo . Tuttavia, la situazione sul campo rimane critica: le RSF controllano ancora ampie aree del Darfur e hanno annunciato la creazione di un governo parallelo, il “Governo di Pace e Unità”, con Hemedti alla guida di un Consiglio Presidenziale.

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), oltre 30 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria in Sudan, con circa 25 milioni che affrontano una grave insicurezza alimentare . La guerra ha causato la morte di oltre 150.000 persone e lo sfollamento di circa 12 milioni, rendendo la crisi dei rifugiati sudanesi la più grande nella storia africana .

Le infrastrutture del paese sono state devastate: l’80% degli ospedali è fuori servizio, la produzione petrolifera si è dimezzata e la capitale Khartoum è in gran parte in rovina, con gravi carenze di acqua, elettricità e servizi sanitari

La distruzione delle infrastrutture sanitarie ha favorito la diffusione di epidemie. Un recente focolaio di colera ha causato oltre 170 morti e più di 2.500 infezioni in una sola settimana, colpendo principalmente Khartoum e Omdurman . Nel campo profughi di Zamzam, nel Darfur, si registra la morte di un bambino ogni due ore a causa della malnutrizione acuta.

Le RSF e le milizie alleate sono accusate di gravi crimini contro l’umanità, in particolare contro l’etnia Masalit nel Darfur occidentale. Human Rights Watch ha documentato episodi di pulizia etnica, con attacchi sistematici a civili, esecuzioni sommarie e distruzione di interi quartieri . Nel solo 2023, si stima che tra 10.000 e 15.000 persone siano state uccise a El Geneina. Inoltre, le RSF hanno attaccato campi profughi come quelli di Zamzam e Abu Shouk, causando centinaia di morti e trasformando questi luoghi di rifugio in basi militari.

Entrambe le fazioni in conflitto ostacolano l’accesso degli aiuti umanitari. Le RSF impongono restrizioni nelle aree sotto il loro controllo, mentre l’esercito sudanese ha introdotto regolamenti che limitano le attività delle organizzazioni umanitarie, come l’obbligo di registrazione presso la Commissione per gli Affari Umanitari (HAC), considerata da molti un braccio dell’intelligence militare.

La comunità internazionale è stata criticata per la sua risposta inadeguata. Molti impegni finanziari promessi non si sono concretizzati, e l’assistenza umanitaria è stata gravemente sottofinanziata. Organizzazioni come l’UNICEF e l’IRC hanno lanciato appelli urgenti per aumentare i fondi e rimuovere gli ostacoli all’accesso degli aiuti. 

La crisi in Sudan rappresenta una catastrofe umanitaria di proporzioni storiche. È imperativo che la comunità internazionale intensifichi gli sforzi diplomatici per porre fine al conflitto, garantisca l’accesso sicuro e senza ostacoli agli aiuti umanitari e affronti le gravi violazioni dei diritti umani documentate. Senza un intervento deciso e coordinato, milioni di vite rimarranno in pericolo e la stabilità della regione sarà ulteriormente compromessa.


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