Il terrorismo uccide sempre di più. Lo testimonia il Global Terrorism Index, rapporto annuale curato dall’Università del Maryland sulla base dei dati di varie organizzazioni e ripreso oggi dai media britannici, secondo il quale nel 2014 si è contato un numero record di 32.658 morti nel mondo, addirittura l’80% in più del 2013.
Alla carneficina contribuiscono più di tutti i jihadisti nigeriani di Boko Haram, seguiti da quelli dell’Isis e le vittime – al 78% – si concentrano fra Afghanistan, Iraq, Nigeria, Pakistan e Siria. Altri Paesi indicati come emergenti (o riemergenti) in questa triste classifica sono Somalia, Ucraina, Yemen, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan e Camerun, tutti accreditati di un numero di vittime di attentati e attacchi terroristici vari pari ad almeno 500 morti annui. Solo ‘residuale’, seppure nell’ordine delle decine di persone uccise, il bilancio di sangue dei Paesi occidentali, il cui impatto mediatico resta peraltro in genere predominante.
Scioccanti anche le cifre sulle conseguenze economiche devastanti del terrorismo, con costi stimati nel 2014 a quasi 53 miliardi di dollari, il 61% in più dell’anno precedente. Confermato infine il legame del fenomeno (che il Global Terrorism Index indaga fin dal 1989) con i conflitti militari e con le violenze attribuite alle forze governative di alcuni dei Paesi più coinvolti.