(Francesco Gori) – In meno di 48 ore la Siria è stata devastata da una serie di attacchi condotti dai gruppi terroristici. I gruppi armati hanno preso di mira prima Aleppo e poi le città costiere siriane di Tartus e Jableh. A essere colpite sono state le zone controllate dal governo di Damasco. Nella seconda città del paese, una pioggia di missili si è abbattuta sul “Collegio di Terra Santa”, un luogo gestito dai francescani. Il bilancio è stato di un morto e di due feriti. “La scuola, con il suo grande parco, era stata fino ad oggi uno dei pochi luoghi sicuri in città. E i frati accoglievano chiunque cercasse riparo”, ha riferito la Custodia. Famiglie con bambini in cerca di un po’ di verde, giovani che si recavano per passare del tempo in tranquillità, prendendosi una pausa dai bombardamenti; ma in particolare vivevano nel Collegio una ventina di persone anziane, alcune di loro anche malate, che avevano visto le loro case bombardate.
“L’esplosione è stata particolarmente violenta”, ha testimonia fra Firas Lufti, direttore del Collegio, aggiungendo che “ad Aleppo ormai non ci sono più luoghi sicuri al cento per cento”. I missili sono stati lanciati dai cosiddetti ribelli moderati e dai loro alleati, tra i quali un posto di assoluto rilievo è occupato dal Fronte Jhabat al Nusra, ramo siriano di al Qaeda, nei confronti del quale la Russia non ammette nessuna trattativa e ha dichiarato guerra permanente, cercando di spezzare l’ipocrisia dell’Occidente che ha utilizzato il gruppo jihadista in funzione anti –Assad. Nella città siriana, tra le più martoriate dalla guerra, i francescani hanno tre centri: la parrocchia san Francesco d’Assisi, colpita una volta, il convento di Er Ram, colpito già cinque volte, e il Collegio di Terra Santa. Fino a ieri quest’ultima struttura era rimasta lontana dai bombardamenti. In Siria ci sono attualmente – riferisce la Custodia di Terra Santa – quattordici frati francescani, dei quali cinque sono ad Aleppo. Più volte i frati della Custodia hanno comunicato di non voler lasciare la Siria.
Aleppo, dove si sta combattendo una battaglia decisiva per le sorti della guerra in Siria, è stato soltanto un tragico antipasto di quello che è accaduto nella provincia di Latakia, roccaforte del governo e base logistica delle operazioni militari russe nel paese. Tartus e Jableh sono state teatro di una serie di attentati in simultanea, che hanno fatto 121 morti, e altrettanti feriti. Il bilancio è provvisorio. Un massacro che non ha risparmiato niente e nessuno, neppure un ospedale. A rivendicare l’attentato è stato lo Stato Islamico. Ad agire sarebbero stati almeno tre kamikaze. Quattro diverse detonazioni sono avvenute in quartieri residenziali di Jableh e vicino all’ospedale cittadino. Altre tre ordigni sono esplosi alla stazione degli autobus a Tartus La maggior parte delle vittime sono “civili”. Si tratta degli attentati più sanguinosi in queste due località dall’inizio della guerra, uno dei peggiori in tutto il paese da quando è iniziata la guerra.
Per il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov: “L’aumento di tensione e dell’attività terroristica è, senza dubbio, un motivo di grave preoccupazione. In secondo luogo, dimostra ancora una volta la fragilità della situazione in Siria. E in terzo luogo, ancora una volta, forse, dimostra la necessità di continuare energicamente a procedere con il processo di negoziazione”.
Il controcanto è dato dal silenzio imbarazzante e complice dell’Occidente, con Stati Uniti, Europa e Turchia che hanno più di una responsabilità per quanto è accaduto in queste località della Siria, un silenzio che nasconde l’ipocrisia anche dei media, pronti a stracciarsi le vesti quando le morti sono causate dai presunti bombardamenti della Russia e di Damasco e a far finta di nulla quando a essere colpiti sono i siriani delle zone controllate dal governo. L’opinione pubblica purtroppo viene tratta in inganno da una rappresentazione falsa di quanto sta accadendo nel paese, con i massacri dei ribelli e dei gruppi terroristi che vengono sistematicamente minimizzati (a meno che non si tratti dello Stato Islamico), per poi enfatizzare tutto il resto, anche quando non si ha la prova (come è successo per il bombardamento dell’ospedale gestito da MSF ad Aleppo) che a compiere certe azioni siano effettivamente gli uomini di Assad e i suoi alleati. Tanta menzogna ha toccato l’apice anche con la leggenda della morte dell’ultimo pediatra di Aleppo, una leggenda che i media occidentale hanno sdegnosamente propinato all’opinione pubblica ignorando le decine di pediatri che in quella città ogni giorno lavorano e salvano la vita ai tanti bambini feriti e mutilati dalle bombe dei ribelli. Questa è la storia, semplice e lineare. Tutto il resto è propaganda a buon mercato.
con fonti Ansa, Sana, Ap, Reuters, al Manar